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Diritto di critica | November 20, 2024

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Crimea, la strage dimenticata degli emigrati italiani - Diritto di critica

Crimea, la strage dimenticata degli emigrati italiani

lo-sterminio-degli-italiani-di-crimeaQuindicimila soldati russi in terra di Crimea, oggi appartenente all’Ucraina. Mentre sale la tensione dopo la strategia di attacco di Putin e i mercati finanziari crollano, in questa regione la piccola comunità di origine italiana non può non ritornare indietro nel tempo, a quando quello stesso esercito deportò circa quattromila nostri connazionali nelle fredde e sperdute lande dell’Asia Centrale. Era il 1942 e intere famiglie, emigrate dall’Italia decenni prima per trovare fortuna, vennero accusate di collaborare con i fascisti. Tra il gennaio e il febbraio di quell’anno, nel pieno della tragedia della seconda guerra mondiale, i russi riunirono gli italiani che si erano stabiliti a Simferopoli, Feodosia, Odessa Mariupol, Novorossijsk, e a Kerk, il punto strategico per il controllo del Mar Nero e dei traffici con il Mar di Azov che oggi fa tanto gola a Putin: è qui che in queste ore il contingente di soldati mandato da Mosca ha issato un cartello sulla piazza principale azzardando “Kerk, Russia”, un’invasione in piena regola.

Settant’anni fa lo scontro era tra nazi-fascismo e comunismo, e la cosa tristemente ironica è che furono deportati anche quegli italiani che erano fuggiti a Kerk proprio per nascondersi ai fascisti. Stalin fece catturare anche altre minoranze etniche, come i tartari, i ceceni, i greci, gli armeni. Il viaggio verso i gulag del Kazakistan o di altre Repubbliche lontane fu lungo ed estenuante, prima in vagoni piombati, poi in nave, per attraversare il Mar Caspio. Moltissimi, specialmente i bambini, morirono prima di arrivare a destinazione: i soldati li buttavano fuori dal convoglio in movimento. Una strage. Coloro che sopravvissero all’odissea finirono ai lavori forzati e fecero la fame per quasi venti anni, abbandonati in baracche di fortuna. I superstiti vennero liberati durante il governo di Krusciov, ma assai pochi tornarono a Kerk.

Oggi nessuna targa o monumento ricorda la tragedia degli italiani di Crimea. C’è un’associazione, la C.E.R.K.I.O. (Comunità degli Emigrati in Regione di Krimea – Italiani di Origine), che rappresenta i circa quattrocento discendenti di origine italiana che ancora abitano a Kerk, e che cerca di tramandare la storia dei loro avi. I primi migranti arrivarono in Crimea intorno agli anni Trenta dell’Ottocento, soprattutto da Puglia, Campania, Liguria, Toscana, Veneto. Si impegnarono a far fiorire una terra ancora vergine, ad insegnare ai giovani marinai locali l’arte della navigazione, e si impiegarono come agricoltori, produttori di vino, pescatori e capitani di lungo corso. Tra i cognomi più diffusi i De Martino, i Bruzzone, i Dell’Olio, i Di Lerno. Perfino uno zio di Garibaldi, Antonio Felice, divenne viceconsole a Kerk, la città dove gli italiani si integrarono perfettamente alla popolazione locale. Fino alla nascita dell’Urss, quando l’accusa di fascismo divenne una spada di Damocle. Molti rimpatriarono negli anni Venti, per gli altri invece si preparava il martirio del 1942.