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Diritto di critica | November 6, 2024

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L'Europa e il "modello italiano" per l'antimafia

00000134.jpgL’ANALISI – L’Italia che aveva “insegnato” al mondo la mafia ora insegna anche l’antimafia. Lo fa a cominciare dall’Europa, esportando il “modello italiano” circa il sequestro e la confisca dei beni ottenuti da reati di mafia o corruzione: nella giornata di martedì, infatti, il Parlamento Europeo in plenaria ha approvato la direttiva che prevede la confisca dei beni provento di reati, con 631 voti favorevoli, 19 contrari e 25 astensioni. Il risultato però è parziale, dal momento che manca la confisca in caso di morte del colpevole. L’accordo – al quale non hanno aderito Danimarca e Gran Bretagna – sarà formalmente approvato dal Consiglio nelle prossime settimane e toccherà poi ai singoli Stati membri adeguare la normativa nazionale a quella comunitaria entro 30 giorni.

La direttiva. Certo è che il made in Italy dell’antimafia fa scuola in Europa e non è un caso, date le ferite che le organizzazioni criminali hanno inferto al nostro Paese negli ultimi decenni e le mobilitazioni civili, politiche e sociali che hanno portato all’approvazione della legge “Rognoni-La Torre” sull’inserimento del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso e sulla confisca dei beni delle mafie (1982) e alla legge 109 del 1986 sul riutilizzo sociale di questi beni. La direttiva prevede che i beni possano essere confiscati a seguito di una condanna definitiva, ma anche se l’indagato o l’imputato è malato o in fuga. Non solo: il testo approvato ieri chiede agli Stati di adottare misure che permettano il riutilizzo sociale dei beni confiscati, riprendendo così un altro importante passaggio della legislazione italiana in merito. Le nuove norme consentiranno agli Stati membri di confiscare beni ottenuti mediante attività criminali, tra cui corruzione, partecipazione ad un’organizzazione criminale, pornografia infantile e criminalità informatica. La priorità, come ha spiegato la relatrice del testo Monica Luisa Macovei, è quella di «seguire il flusso di denaro attraverso le frontiere e assicurare la confisca dei profitti criminali», dal momento che «mandare alcuni criminali in galera lasciando il loro denaro sporco in circolazione è intollerabile». Il che è tanto più vero se si considera che ad oggi viene confiscato meno dell’1% dei proventi di reati come traffico di droga e di esseri umani, contraffazione o contrabbando di armi.

Le reazioni all’approvazione. E se da un lato da più parti arriva l’approvazione per quella che rappresenta un passo importante nel contrasto della criminalità organizzata su scala internazionale, dall’altro resta un po’ di amarezza per una direttiva che avrebbe potuto essere molto più incisiva: « Abbiamo dovuto fare i conti, nel lavoro di redazione del testo, con quegli Stati membri dell’Ue che preferiscono provvedimenti legislativi che tutelino gli imputati piuttosto che le vittime dei reati – ha commentato Sonia Alfano, eurodeputata dell’Alde e presidente della Commissione Antimafia Europea -. Va messo in evidenza che, in modo incomprensibile, proprio quei paesi che si sono distinti a livello europeo per aver imposto una politica di austerity – mi riferisco alla Germania, sempre pronta a chiedere la spending review – davanti alla possibilità di far recuperare alle casse dell’Unione patrimoni frutto di attività illecite hanno alzato le barricate e hanno impedito l’approvazione di un testo più efficace ed ambizioso». Una difficoltà ribadita anche da Rita Borsellino, che ha sottolineato come la direttiva da sola non sia sufficiente: «Purtroppo si è deciso di non includere tra le norme minime comuni la confisca senza condanna in caso di morte dell’imputato, una fattispecie, presente nell’ordinamento italiano, che ha permesso di infliggere duri colpi alla criminalità organizzata. L’Ue non può permettersi ulteriori ritardi: le mafie sono un problema europeo e intaccare il loro potere economico è fondamentale per contrastarle in maniera efficace». L’associazione Libera lancia infine un appello al Governo Italiano in vista del semestre di presidenza italiana dell’EU, perché «svolga un ruolo attivo e propulsore nel monitoraggio e nel coordinamento della fase di recepimento della Direttiva, da parte dei degli Stati membri per rendere così ancora più incisiva l’azione dell’Unione europea nel contrasto alla criminalità organizzata».