Grillo, il Pd e quella differenza sostanziale
A dare la tara di quanto sia assurda la situazione all’interno del MoVimento 5 Stelle sono le parole di Francesco Campanella: «siamo il Movimento della democrazia diretta e non possiamo neanche dire che qualcosa poteva essere fatta meglio, ma stiamo scherzando?». E il punto, infatti, è tutto lì. Se fosse possibile criticare, discutere e vagliare in modo corale e pluralista anche le parole del comico e del suo socio, nel Movimento dei cittadini pentastellati la politica sarebbe davvero un elemento costruttivo. Così purtroppo non è, anzi.
E sebbene il nome della creatura politica voluta dal comico genovese non richiami la struttura monolitica e – se vogliamo – ingessata di un “partito”, di certo non è possibile parlare di “movimento” tout court, concetto che presuppone una coralità di voci, intenti e punti di vista non contraddistinti da un cieco ubbidire ma da un arricchimento frutto della diversità. Da quando sono entrati in politica, invece, i pentastellati hanno sempre camminato sul filo del rasoio, misurando la loro libertà di pensiero sulle reazioni del comico loro capo, per tacere dell’articolo 67 della Costituzione che recita: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Chi si azzarda a criticare, dissentire o valutare diversamente dalla ratio “condivisa” una qualsiasi decisione o atteggiamento, invece, finisce come si è visto. Certo sarebbe curioso sapere cosa ne pensa un “duro e puro” come Alessandro Di Battista.
E dal momento che i grillini spesso fanno confronti e paragoni con il Partito democratico, converrebbe che trovassero il coraggio di confrontarsi anche su uno degli aspetti centrali della politica: la democrazia. Uno come Pippo Civati, ad esempio, nel Movimento 5 Stelle sarebbe durato meno di una settimana. Davanti alle critiche continue alla politica della dirigenza sarebbe stato prima processato in un’assemblea dei parlamentari e poi espulso dopo il verdetto fantomatico del “web”, una sorta di piazza medioevale. Laddove la critica zittita con l’espulsione è propria di ben altri contesti.
Eppure, che qualcosa stia cambiando lo dicono anche i risultati delle votazioni online in cui “la base” pentastellata – iscritta a giugno 2013, i duri e puri e non gli ultimi arrivati – ha decretato la cacciata delle voci critiche: uno su tre si è schierato con i senatori “sotto processo”. E al di là di una scissione che sembra ormai inevitabile, il rischio è che il M5S perda sempre più credibilità proprio a causa di Grillo o – ma l’alternativa è remota dato che il comico è anche proprietario del simbolo del partito – che scarichi il suo leader. Per una volta, però, il capo dei pentastellati non potrà dare la colpa agli altri.
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