Ucraina, è guerra. Ecco perché la protesta è divenuta rivolta
Un massacro annunciato. In Ucraina si sta consumando in queste ore l’inizio di una probabile, quanto mai annunciata, guerra civile. I manifestanti pro-Europa hanno alzato la posta e ora vogliono le dimissioni del presidente. Il risultato? Scontato: cento morti nelle ultime 24 ore, più di 60 poliziotti fatti prigionieri, palazzi del potere sgomberati, cecchini dell’esercito appostati sui tetti.
Gli equilibri cambiati. Le tensioni in Ucraina hanno covato per anni, silenziosamente. Ma da questo autunno, qualcosa è cambiato. La rivoluzione arancione oggi appare solo come un vecchio ricordo. Il governo di Kiev ha deciso di rivolgere lo sguardo al vecchio padrone russo, perdendo – di fatto – quello status di Stato-cuscinetto tra Mosca e la Ue/Nato. Il governo ha sancito la fine della neutralità del Paese slavo, gettando l’Ucraina nel caos.
Un problema di confini. Gli attuali confini ucraini furono stabiliti da Mosca quando fu istituita la Repubblica sovietica di Ucraina nel 1917, e furono ritoccati al termine della seconda guerra mondiale (e con l’annessione della Crimea nel 1954). Questi confini includono anche territori abitati da popolazioni non ucraine. Nelle province orientali, in Crimea e lungo il confine con la Transnistria (Moldavia) la popolazione è russa o filo-russa. Nelle regioni centrali (dove è situata la capitale) la popolazione è mista, mentre nelle province occidentali la prevalenza etnica è decisamente a favore degli ucraini. Di conseguenza, di fronte ad un paese da sempre spaccato in due (i russi rappresentano complessivamente il 22% della popolazione), lo spostamento di Kiev verso Mosca ha messo in allarme gli abitanti delle province occidentali che guardano decisamente a Bruxelles e a Washington più che alla Russia. Il motivo è certamente economico ma anche storico: sotto il dominio russo e poi sovietico, gli ucraini hanno subito un duro processo di russificazione, non dissimile da quello subito dalle popolazioni baltiche di Estonia, Lituania e Lettonia. Gli ucraini temono che un nuovo abbraccio con Mosca possa essere mortale.
L’Europa teme lo stop del gas. Il problema è quindi di equilibri violati. Il rischio per tutti è che una guerra civile in Ucraina possa mettere in crisi l’Europa che cerca faticosamente di uscire dalla crisi. Infatti, proprio nel territorio ucraino passano fondamentali gasdotti e oleodotti che riforniscono l’Europa centrale e occidentale (oltre la Romania). Il nostro Paese (con la Grecia, la Bulgaria e L’Austria) è esente da rischi legati ad eventuali interruzioni di energia, rifornendosi di gas dalla Russia grazie al gasdotto South Stream (sviluppato da Eni e Gazprom) che attraversa il Mar Nero. Il rischio di uno stop delle forniture di gas non può in alcun modo lasciare l’Europa indifferente. La neutralità dell’Ucraina nella lotta tra ovest ed est (che prosegue nonostante il crollo del Muro di Berlino), è un valore imprescindibile per ripristinare gli equilibri e scongiurare la catastrofe. Ma la pace per le strade di Kiev passa solo attraverso un accordo tra Russia e Ue che potrebbe ridurre gli spazi di manovra del governo ucraino. Se un accordo non si dovesse trovare, ci potrebbe essere il rischio di un’escalation militare in un panorama geopolitico non molto diverso rispetto a quello della recente guerra in Georgia. Con l’unica, fondamentale differenza: le dimensioni del territorio ucraino.
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