La Svizzera ha scelto, "Italiani e francesi a casa vostra"
Alla fine è successo. Per un soffio è stato approvato il referendum in Svizzera sulla rinegoziazione dei trattati bilaterali con l’Unione europea per la libera circolazione di capitali, beni e persone. Entro due anni, il governo confederale di Berna dovrà rivedere gli accordi con l’Europa che consentivano agli svizzeri e alle imprese svizzere di operare sul territorio della Ue senza restrizioni e che a loro volta consentivano ai cittadini europei di lavorare sul territorio elvetico senza dover richiedere un permesso di soggiorno concesso su limitate quote.
I lombardi come i congolesi, ritornano le quote. Così, nella ridente e civile Svizzera, i cittadini hanno deciso che gli europei avranno accesso al mondo del lavoro elvetico ma solo per un numero limitato di posti: ogni anno il governo confederale stabilirà le quote di ingresso per professioni e nazionalità, non solo per chi richiede il permesso di soggiorno ordinario, ma anche per i profughi, i soggiornanti di lungo periodo e i frontalieri. Sono circa 400mila gli italiani residenti in Svizzera, alcuni dei quali presto dovranno fare le valigie per tornare in patria o approdare in un altro paese. Chi rischia di più, però, sono i frontalieri, in particolar modo italiani e francesi. Ogni settimana sono circa 60mila gli italiani che varcano il confine per lavorare nel Canton Ticino e nei cantoni limitrofi. Presto molti di questi potrebbero perdere il lavoro.
Ora la Svizzera rischia l’isolamento. Si tratta di un problema serio per il governo italiano (ma anche per i governi tedesco e francese, visto il numero elevato di cittadini tedeschi francesi che da nord e da ovest superano quotidianamente o settimanalmente il confine della Confederazione) che non lascerà l’Unione europea indifferente. Tra Berna e Bruxelles, infatti, esistono due accordi bilaterali per la libera circolazione di beni e persone, compresa l’adesione al Trattato di Schengen. I rapporti sempre più stretti con la Ue hanno portato molti vantaggi per la Svizzera. In primo luogo l’accesso ad un mercato enorme come quello europeo ha consentito alle aziende svizzere di esportare facilmente fuori dai confini e schivare gli effetti negativi della crisi (attualmente il 60% del suo export finisce nella Ue). Inoltre, le banche svizzere hanno ingrossato i propri forzieri con i soldi degli europei, italiani inclusi, benvenuti solo quando portano ingenti quantità di denaro, poco importa se si tratta di denaro sporco.
Le imprese elvetiche tremano. Per la Ue la libera circolazione delle persone è imprescindibile in un accordo di libero scambio di beni. Così, se da una parte i lavoratori svizzeri possono ora tirare un sospiro di sollievo, sentendosi minacciati dalla presenza massiccia di italiani e francesi (i cantoni dove il referendum ha avuto più successo sono proprio quelli meridionali e quelli occidentali), dall’altra le aziende elvetiche ora tremano. Perché se è vero che il costo del lavoro potrebbe salire, ora le aziende avranno anche maggiori difficoltà a trovare lavoratori specializzati e minori possibilità di vendere all’estero.
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