Quando le preferenze sono solo specchietti per le allodole
Polemiche pretestuose. Sono quelle rivolte da Gianni Cuperlo e dalla minoranza Pd a Matteo Renzi. Perché se è vero che il sindaco di Firenze ha spiazzato un po’ tutti con il suo decisionismo e con modi di fare ai quali nel Pd non si è abituati, nel merito la contestazione al segretario è priva di contenuti.
Le liste rimangono bloccate. Se prima il problema era parlare o meno con il pregiudicato Silvio Berlusconi (che rimane il leader di un partito che grazie a lui conquista oggi 9 milioni di voti), dopo l’attenzione si è focalizzata sulle preferenze. Dall’accordo che è uscito, infatti, le liste rimangono bloccate, come con il Porcellum. L’unica differenza (non da poco) è che queste liste sono molto più corte, cioè contengono un numero di candidati compreso tra quattro e sei che, venendo incontro alle osservazioni della Corte Costituzionale, potrebbero essere inseriti anche sulla scheda elettorale, per far capire meglio all’elettore chi sta votando. Ogni partito che abbia almeno il 15% nel singolo collegio ha buone probabilità di far eleggere il primo della lista, chi supera quota 30% ne vede elegge almeno i primi due.
Polemiche pretestuose. È vero che l’elettore non può scegliere tra i quattro-sei candidati presenti in lista. Tuttavia, questa critica arriva da chi, fino a ieri, non solo si è fatto inserire in lista senza passare dalle primarie (Cuperlo) come ha ricordato Renzi, ma ha sempre appoggiato il sistema uninominale, cioè quel sistema elettorale nel quale ogni partito presenta un unico candidato per ogni collegio: prendere o lasciare. Il sistema spagnolo e quello uninominale, da questo punto di vista, sono di fatto molto simili. Nessuno dei due lascia una vera possibilità di scelta. Resta ad ogni singolo partito, quindi, la possibilità di dotarsi al proprio interno di un meccanismo di selezione democratica dei candidati.
Dalle preferenze a Batman. La vera alternativa, quindi, ad un sistema proporzionale a liste bloccate non è l’uninominale, bensì un sistema proporzionale con voto di preferenza, mai voluto e mai chiesto da Cuperlo e dalla minoranza Pd, prima dell’ultima direzione del Pd. In Italia un sistema proporzionale con voto di preferenza è in vigore per le elezioni europee, per quelle comunali e per quelle regionali. Se è vero che le preferenze sono un ulteriore strumento di democrazia, non hanno però mai dimostrato di aver selezionato una classe dirigente migliore. Alle elezioni europee, il candidato Berlusconi ha sempre fatto un impressionante incetta di voti, superato solo una volta da Lilli Gruber, candidata indipendetente dell’Ulivo e solo nel collegio “Italia Centrale”. Nel Lazio, invece, Franco Fiorito del Pdl (detto Batman), il più votato in assoluto nelle elezioni che hanno sancito la vittoria di Renata Polverini, è stato condannato per peculato. Altri come lui rischiano la stessa condanna in Piemonte. Tutti eletti con le preferenze.
Lo specchietto per le allodole. Inoltre, non sempre le preferenze sono sinonimo di una vera democrazia. Infatti, se è bello poter scegliere, non c’è alcuna sicurezza che quella scelta sia veramente libera. In primo luogo perché gli stessi candidati possono essere comunque selezionati dalle segreterie di partito e contenere condannati e pregiudicati. Inoltre, le preferenze, dietro la parvenza di democrazia, possono nascondere una vera e propria truffa ai danni degli elettori, come avviene oggi a livello locale. Infatti, nelle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale o comunale, solo il 15-20% degli elettori esprime una preferenza. Questo perché i candidati non si spendono sul territorio, bensì dentro i propri circoli o sezioni di partito che sono ancora oggi in grado di canalizzare le preferenze in una certa direzione. Così, solo alcuni decidono l’ordine di elezione dei candidati in lista, mentre tutti gli altri appongono una croce solo sul simbolo, non sapendo, di fatto, a chi, con quella croce, è stata data la propria preferenza. Solo al sud le percentuali possono toccare anche punte record del 90%. Ma in questo caso entrano in gioco altri meccanismi come il voto clientelare.