“Miseria Ladra”, fotografia di un’Italia sempre più povera - Diritto di critica
Un Paese fragile, impoverito, vittima di politiche economiche a breve termine che hanno acuito i conflitti sociali, indebolito il capitale umano e offerto così progressivamente un bacino di reclutamento sempre più ampio e sempre più disperato alla criminalità organizzata: è un ritratto impietoso e preoccupante dell’Italia quello che ha tracciato il Gruppo Abele nel dossier Miseria Ladra incrociando e analizzando i dati Istat degli ultimi anni in merito all’occupazione, alla povertà e alle dinamiche sociali.
I numeri della povertà in Italia. Il deperimento economico, sociale e culturale del “sistema Italia” è evidente nei numeri delle statistiche più che nei proclami. Nel 2012 erano 9 milioni 563 mila il 15,8% della popolazione le persone in condizioni di povertà relativa, pari al 15,8% della popolazione, mentre 4 milioni 814 mila persone si trovavano in condizioni di povertà assoluta (7,9% del totale): gli stessi dati nel 2011 erano inferiori di alcuni punti percentuali, rispettivamente al 13,8% e 5,2% sul totale della popolazione italiana. In altre parole, «parliamo di quasi un italiano su quattro costretto a vivere in una condizione in cui la dignità umana viene calpestata», si legge nel dossier. Il segno tangibile delle dimensioni della problematica si riscontra nel fatto che la quota di persona che dichiarano di non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni in due anni è triplicata. Le differenze territoriali in Italia si riscontrano principalmente nei tassi di disoccupazione molto più elevati nelle regioni meridionali rispetto a quelle settentrionali: si parla di un tasso di disoccupazione del 7,4 % al Nord e del 17,2% al Sud, con punte che toccano il 41% di disoccupazione per i giovani tra i 15 e i 24 anni.
Tra disoccupazione e working poor. Dal punto di vista lavorativo, sono circa due milioni i cosiddetti NEET, i giovani che né studiano, né lavorano, né cercano un’occupazione, mentre parallelamente crescono esponenzialmente precarietà e sfruttamento sul lavoro da un lato, e controllo dei clan malavitosi sul mercato della disperazione dall’altro: usura, attività finanziari illecite e offerta di “lavori” che vanno ad aumentare la piazza dello spaccio o della manovalanza criminale. Va inoltre facendosi sempre più spazio il fenomeno dei cosiddetti “working poor”, i lavoratori poveri che pur avendo un’occupazione non riescono a raggiungere il reddito necessario per tirare avanti di mese in mese, a causa della precarietà del lavoro e dell’aumento del costo della vita generalizzato. Non solo: secondo l’ultimo rapporto sui Diritti Globali 2013, sono 121 le persone che – tra il 2012 e i primi tre mesi del 2013 – si sono tolte la vita per cause direttamente legate al peggioramento delle condizioni economiche personali o aziendali: 32 solo nei primi mesi del 2013, il 40% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E intanto proliferano le storie di “ordinaria” povertà, di disoccupati, pensionati, madri e padri di famiglia disperati costretti dalla circostanze a rubare non gioielli, ma pezzi di pane e formaggio dai supermercati.
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Crisi, un’opportunità per le mafie. «La povertà dovrebbe essere illegale nel nostro paese – ha affermato don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, che si sta facendo portavoce della campagna Miseria Ladra -. La crisi per molti è una condanna, per altri è un’occasione. Le mafie hanno trovato inedite sponde nella società dell’io, nel suo diffuso analfabetismo etico». Ed è proprio lo sgretolamento del tessuto lavorativo e sociale che permette il proliferare degli affari mafiosi: “i clan intercettano quel segmento di disperazione – si legge nel dossier – e rispondono subito e in contanti. Con la crisi dilaga la pratica usuraia. Si parla di usura di mafia; quella gestita dalla criminalità organizzata. Clan che da un bel pezzo ormai hanno capito come fare tanti soldi con i soldi”. Sarebbero infatti 54 i clan mafiosi comparsi negli ultimi ventiquattro mesi nelle relazioni antimafia e nelle cronache giudiziarie circa i reati associativi con metodo mafioso finalizzato all’usura, clan che avrebbero così riciclato gli immensi proventi del narcotraffico, del contrabbando e del giro di scommesse penetrando così sempre più a fondo nell’economia legale.
Prospettive e spunti per il futuro. «La costruzione dell’uguaglianza e della giustizia sociale è compito della politica nel senso più vasto del termine – ha affermato ancora don Ciotti – : quella formale di chi amministra e quella informale chi ci chiama in causa tutti come cittadini responsabili». A tal riguardo, il Gruppo Abele e Libera hanno promosso la campagna Miseria Ladra con tutte quelle realtà sociali, sindacali, studentesche e associative per portare avanti proposte concrete che possano fin da subito rispondere alla crisi e rafforzare la partecipazione democratica.