Il gioco d'azzardo della politica - Diritto di critica
L’ANALISI – I politici l’hanno promesso: cambieranno l’emendamento che toglie fondi a comuni e regioni che contrastano il gioco d’azzardo. Staremo a vedere. Intanto, nell’attesa, è il caso di chiedersi perché lo Stato protegga come un figlio il gioco d’azzardo e le concessionarie delle slot, al punto da punire gli enti locali che adottano limitazioni al gioco con il taglio delle risorse.
Incurante dell’insofferenza (odio?) montante nel Paese, la classe politica protegge le società che gestiscono un business miliardario che all’erario (già frodato in passato) porta 10 miliardi di entrate. Letta tiene a precisare l’importanza della cifra, che in percentuale sul giro d’affari complessivo – quest’anno potrebbe avvicinarsi ai 100 miliardi di euro -non è nemmeno altissima e sicuramente inferiore al profitto del crimine organizzato, come dimostrano le indagini e gli studi delle associazioni impegnate contro la piaga del gioco patologico.
Ma, a parte la morte, a tutto c’è rimedio, Renzi lo sa e ha già promesso che sarà il Pd a cambiare tutto. Come a dire che il partito democratico prima sfascia e poi – quando e se beccato in fallo – aggiusta. E magari vorrebbe pure l’applauso. Intanto è proprio grazie al Pd se è passato il criptico – andate a leggere e vi renderete conto che, nonostante ci sia una legge (mai applicata) che dovrebbe obbligare a scrivere le leggi in maniera comprensibile, delle due l’una: o la parlamentare del Nuovo centrodestra scrive con i piedi, o il testo è reso volutamente inaccessibile – emendamento 1150 al decreto “Salva Roma”, a firma della senatrice del Nuovo centrodestra di Alfano, Federica Chiavaroli. Approvato a palazzo Madama con i voti di Ncd, Pd, Scelta Civica e Gal, nonostante il voto contrario di M5S, Sel, Forza Italia, Lega e di quattro dissidenti del Pd (Puppato, Ricchiuti, Ruta e Vaccari). Ma questo governo da “buon padre di famiglia” non si rende conto di buttare benzina sul fuoco scoppiettante di un malcontento sociale solo all’inizio di una possibile e pericolosissima ascesa? Probabilmente no.
Il provvedimento è un siluro diretto contro comuni e Regioni che mettono i paletti al gioco d’azzardo, facendo calare le entrate statali. Per ritorsione – l’anno seguente – gli enti locali colpevoli di questi “sprechi” subiranno un taglio sui fondi a loro destinati. Una punizione che verrà a cessare non appena le regole anti gioco d’azzardo verranno abolite, come si comprende in uno dei passaggi più chiari dell’emendamento Chiavaroli: “… qualora interventi legislativi regionali ovvero regolamentari di autonomia degli enti territoriali, aventi ad oggetto misure in materia di giochi pubblici riservati allo Stato non coerenti con l’assetto regolatorio statale di settore, determinino nel corso di un esercizio finanziario minori entrate erariali, anche di natura non tributaria, ovvero maggiori spese statali, anche a titolo di eventuale risarcimento del danno nei riguardi dei concessionari statali per la gestione della raccolta dei giochi pubblici, a decorrere dall’esercizio finanziario successivo sono attuate riduzioni degli ordinari trasferimenti statali a favore delle regioni ovvero degli enti locali che hanno deliberato tali interventi in misura corrispondente all’entità delle predette minori entrate ovvero maggiori spese. Le riduzioni cessano a decorrere dal momento nel quale tali interventi legislativi e regolamentari sono abrogati o revocati o comunque modificati in modo tale da risultare coerenti con l’assetto regolatorio statale in materia di giochi pubblici”.
Più chiaro di così! Vuoi combattere il gioco d’azzardo? Allora tira fuori i soldi di tasca tua, o lascia perdere. Pazzesco? No, è tutto vero.
L’aspetto più finto riguarda le facce contrite di alcuni politici quando parlano della piaga della “ludopatia”, o del fenomeno dell’usura – spesso collegata direttamente alle sale da gioco – in cui cadono i giocatori patologici più gravi se prima non si sono suicidati. Adesso lo sappiamo: quella è “fuffa”, il succo vero sta in provvedimenti spesso contenuti in altri, con altro nome e che sembrerebbero trattare tutt’altro. È lì che la realtà delle cose prende forma in modo sconcertante. Del resto non è certo la prima volta che accade una cosa del genere. Al gioco, o meglio, alle concessionarie di Stato (che non si occupano solo di slot, ma anche di giochi on line, scommesse d’ogni tipo, videopoker, etc..), è concesso quasi tutto in nome dell’enorme quantità di denaro liquido che possono traghettare in epoca di vacche magre come questa.
Lo Stato ha bisogno di fare cassa e i soldi in un modo o nell’altro bisogna trovarli. La gente gioca, lo Stato tassa, punto. E poco importa se il gioco d’azzardo in Italia è proibito per legge – tranne quello consentito dallo Stato ovviamente -, se migliaia di persone si rovinano, si indebitano, si rivolgono agli strozzini dopo aver perso tutto, oppure si suicidano. Pazienza se la trasparenza di diverse concessionarie è scarsa – ci sarebbe anche una legge in merito – al punto che viene da chiedersi come faccia lo Stato a entrare in rapporti con partner di cui non é chiara nemmeno l’identità, schermata dietro società offshore con sede in paradisi fiscali.
C’è la crisi si sa, quindi i soldi contano più delle raggelanti indagini dell’antimafia, più delle decine e decine di sale in mano alla mala continuamente scoperte, più del business sommerso pieno di prestanome che da gestori e proprietari tentano di infiltrarsi nelle stesse concessionarie di Stato. Che può farci la politica? Infondo lo sanno tutti che la mafia é dappertutto, o no? Naturale che rischino anche le concessionarie di Stato, ovvero, società che hanno il compito di prelevare dalle giocate le quote spettanti all’erario. Società che in quanto tali dovrebbero sostituirsi allo Stato con tutte le responsabilità che ne conseguono e non – come è accaduto – cercare di fregarlo.
Ma invece le concessionarie principali, i “signori del gioco”- che sono una decina e da sole controllano più del cinquanta per cento di un volume d’affari da decine e decine di miliardi e in continua crescita anche in tempo di crisi – tra il 2004 e il 2006, non hanno collegato le slot al computer dei Monopoli ed al sistema informatico della Sogei, la società di Information and communication technology del ministero dell’Economia e delle Finanze, “dimenticandosi” (ohps, che distratti!) dello Stato di cui dovevano fare le veci. Una piccola dimenticanza che doveva essere sanzionata, a parere dei magistrati con 98 miliardi di euro, una cifra ottenuta considerando 50 euro per ogni ora in cui le slot erano rimaste scollegate. Troppo secondo la Corte dei Conti che ha ridotto la multa a 2,5 miliardi.
Niente a che vedere, ma sempre una bella cifra, se non fosse che con un emendamento – inserito nel decreto Imu – il governo Letta ha ulteriormente ridotto la multa a 600 milioni di euro. Un vero e proprio condono con cui lo Stato ha preferito prendersi i soldi – “pochi , maledetti e subito” – invece di attendere i tempi della giustizia. Un condono a tutti gli effetti, andato a favorire i gestori del gioco d’azzardo in Italia, finiti sotto la lente di ingrandimento della magistratura contabile: la Bplus, la Sisal Slot, la Cogetech, la Gamenet, la Snai, la Hbg, la Gmatica, la Cirsa Italia, la Codere e la Lottomatica. Concessionarie sovente operative in più nazioni, alcune delle quali connotate dalla poca trasparenza, altre dai guai giudiziari e spessissimo da un legame fortissimo con la politica.
Caso emblematico è quello di Francesco Corallo, titolare – tramite off-shore – di Atlantis\Bplus, la più potente delle concessionarie, con giro d’affari per decine di miliardi di euro. Corallo detto “il re delle slot” dopo essere stato latitante da maggio 2012 si è consegnato alla magistratura l’estate scorsa ed è agli arresti per i prestiti sospetti ricevuti dalla BPM di Massimo Ponzellini. ll figlio di Gaetano Corallo – condannato a 7 anni per associazione a delinquere a seguito della scalata al Casinò di Campione tentata dal clan di Nitto Santapaola, di cui è amico e, secondo un pentito, ospitato dopo la morte di Dalla Chiesa proprio nell’isola caraibica di Saint Martin dove aveva sede legale la Atlantis\Bplus -, è stato già indagato (senza alcun esito) per riciclaggio e narcotraffico. Vicinissimo ad Alleanza Nazionale ed ad Amedeo Laboccetta, il nome di Francesco Corallo è spuntato nell’affaire della casa di Montecarlo ereditata dal partito e messa a disposizione del cognato di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani, ma di proprietà di una società off-shore il cui amministratore, tale James Walfenzao, sarebbe in rapporti proprio con lui.
Ma sui legami fra i signori del gioco e politica il fatto più interessante si lega allo scoop delle Iene, poi ripreso dal M5S, che ha messo sotto i riflettori i legami fra la fondazione “VeDrò” di Enrico Letta e alcune concessionarie – Lottomatica e Sisal – le quali avrebbero elargito alcune migliaia di euro al futuro premier. A maggio scorso – intervento su youtube – il senatore M5S Giovanni Endrizzi, un educatore del Sert, specializzato in ludopatia e dipendenze, ha parlato di un filo rosso che lega “in maniera legale, ma deleteria” gioco d’azzardo e politica. E a proposito di VeDrò ha affermato: “Il Think Thank nel 2010 è stato sponsorizzato da due multinazionali, Lottomatica e Sisal. In quell’occasione Letta ricevette 15 mila euro di contributo da Porsia, titolare della Hbg, una delle più grandi aziende del settore”.
Sul punto Letta non ha mai risposto in modo preciso ma ha ribadito che “a parte gli sponsor per VeDrò, Letta non riceve finanziamenti personali o veicolati al partito, men che meno dalle lobby, delle quali da sempre auspica una regolamentazione all’insegna della trasparenza”.
Endrizzi – che non risulta essere mai stato querelato -ha fatto anche il nome del ministro della cultura Bray e di altri: “ ..Snai ha finanziato regolarmente: Gianni Alemanno, Margherita, Udc, Ds, Mpa e Gianni Cupèrlo del Pd. Ci sono ex politici e loro parenti entrati nel business: Augusto Fantozzi, presidente Sisal, Vincenzo Scotti, che lanciò “Formula Bingo” insieme a Luciano Consoli, uomo di fiducia di D’Alema. Francesco Tolotti dell’Ulivo che con Nannicini, Vannucci, Salerno e Gioacchino Alfano, nel 2007 riuscì a far modificare il Testo Unico che regola le slot-machine”. Spunta il nome – già menzionato – di Amedeo Laboccetta (An, legato a Corallo), del figlio di Marcello Dell’Utri e di Clemente Mastella, “che attraverso Sgai e Betting 2000 dei fratelli Renato e Massimo Grasso avviò altre aziende di gioco. Fra queste King Slot e Wozzup, poi indagate per gravissimi reati”. Mentre è del governo Berlusconi il “merito” di aver dato il via libera al gioco d’azzardo online, “esattamente qualche giorno prima che la Mondadori acquisisse il controllo del 70% di Glaming, azienda che opera nel settore”.
Ora, forse – attendiamo di vedere quando e come -, l’emendamento sul gioco sarà abolito. Come ha detto Renzi? “Ci penserà il Pd”? Ci pensi chiunque può, anche (e soprattutto) il Pd, basta che il neo segretario poi non lo spacci per un merito. Qui si tratta solo di un dovere.
Comments