Renzi e le ragioni di un voto "contro" - Diritto di critica
L’ANALISI – “E adesso andate via, voglio restare solo…” così cantava Massimo Ranieri e, dopo ieri sera, forse, anche Matteo Renzi, nuovo segretario di un Pd che si appresta a cambiare i giocatori – proprio oggi ha annunciato la nuova squadra – ma senza cambiare campo.
Il sindaco di Firenze (68%) ha stravinto sbaragliando Cuperlo (18%) e Civati (14%), a cui ha dato più di 50 punti percentuali di distacco, quasi sessanta nelle cosidette “regioni rosse”. Ma se quella di Pippo Civati era la classica candidatura alla “quasi quasi ci provo…hai visto mai!?”, una autocandidatura un po’ grillina e un po’ radical-chic – tutto sommato non andata neanche troppo male -, il nome di Cuperlo era sostenuto dall’apparato del partito, quello che conta, anzi, dopo ieri, sarebbe meglio dire “che contava”. L’ultimo segretario della FGCI deve ringraziare la vecchia dirigenza per averlo tirato fuori da qualche armadio polveroso di sezione, dove giaceva in mezzo a vecchie bandiere rosse e qualche copia ingiallita del Capitale, ed averlo scaraventato su un ring a farsi riempire di cazzotti in faccia. Cuperlo è il meno colpevole in fondo: ci ha provato in nome della tradizione e per conto di superiori sempre bravissimi a motivare chi ci deve mettere la faccia o – per dirla utilizzando una citazione “colta” di Stefano Ricucci – “a fa’ i froci cor culo dell’artri”.
È a loro che ieri sera, dopo la vittoria, Renzi ha dichiarato guerra. Il sindaco ha capito di avere vinto innanzitutto per quello. Chi l’ha votato domenica gli ha consegnato un messaggio chiaro: fagli pagare i fallimenti, gli errori e gli inciuci di questi anni. Renzi lo sa, per questo non ha intenzione di fare prigionieri.
L’epoca del buonismo di facciata è finito, la resa dei conti in casa democratica è appena iniziata. I vecchi satrapi che fino a non molto tempo fa ancora gli ridevano dietro sono avvertiti e se non vogliono essere “giustiziati” sul posto farebbero bene a trovarsi una sedia nelle prime file della platea, visto che le luci del palco adesso spettano ad altri.
La maggior parte dei voti di Renzi non sono figli dell’acritica accettazione delle sue lunghe chiacchierate, non rispecchiano il convincimento di aver trovato il messia. E nemmeno il frutto del puerile “fate largo ai giovani sempre e comunque…stupidi, magari incapaci, purchè giovani” che la propaganda di un apparato comunicativo nato e cresciuto all’ombra della dirigenza sconfitta (o forse c’è chi crede che il top dei comunicatori, giornalisti, comici, presentatori e opinionisti nostrani, li abbia scelti, piazzati e raccomandati Renzi!?) ha tentato di far passare in ogni modo.
Piuttosto, forse, quei voti significano: abbiamo una testa e siamo stanchi, finitela di snobbarci sempre fino a quando non ci dovete chiedere il voto. Sono la risposta a una serie di domande: “perché non dovremmo cambiare? Cosa abbiamo guadagnato e cosa perdiamo con voi? Ma davvero credete che darci la croce addosso, bollarci tutti come berlusconiani che non sapevano di esserlo, come affamatori del popolo e degli operai, come gente che dovrebbe vergognarsi per aver votato uno che non rappresenta il ‘grande cuore’ della sinistra italiana, ci impedisca di farvi alzare le chiappe dalla sedia su cui le avete incollate?”
Il voto dei tantissimi che hanno voluto farlo segretario oggi, per vederlo alla presidenza del Consiglio domani, cambia più di qualcosa nel panorama ingessato della politica italiana. Cosa farà Renzi da segretario nessuno può dirlo, tantomeno è possibile immaginare un suo ipotetico arrivo a palazzo Chigi. È chiaro che il difficile per un politico inizia il giorno dopo la vittoria. Come ha detto Enrico Letta dovrà sporcarsi le mani, Renzi non potrà trincerarsi dietro scuse da politicante consumato, magari fallirà, magari sarà addirittura peggiore dei predecessori. Potrebbe essere, ma dopo la figura di Bersani, cosa altro c’era rimasto da perdere? Se non altro nel giorno del trionfo, Renzi non si smentisce, dimostrando quantomeno di voler proseguire all’attacco. Il neosegretario sa di avere pochissimo tempo prima di annoiare ed essere accomunato al vecchio e davanti ha una strada tutta in salita ed irta di ostacoli.
Renzi spaventa una gran parte degli iscritti, ma ha dalla sua centinaia di migliaia di persone che hanno pagato i due euro dovuti per barrare il suo nome. E pazienza se per molti dei tesserati democratici è già il nuovo Berlusconi di cui si appresta a riempire il vuoto populista, se non è davvero di sinistra, se è un liberista poco attento ai temi del lavoro, se usa una terminologia sconosciuta con parole fascistoidi come “vincere” – che paura! -, se osa attaccare il sindacato rosso, se ha la foto con De Mita, etc., etc… Renzi è un democristiano? Sicuramente nasce da quella cultura, è inutile negarlo. E da come cambia atteggiamento quando annusa il vento, i geni Dc li ha senz’altro, il che – è comprensibile – può far venire l’orticaria a quanti da sempre si sono battuti contro quel modo di pensare e di far politica. Ma perché, l’intoccabile Letta da dove viene? E Prodi – fino a poco prima di essere silurato dai suoi, simbolo della “vera” sinistra – l’unico e solo capace di battere per due volte Silvio Berlusconi, negli anni ’70 stava in piazza con la bandiera rossa in mano, o a far sedute spiritiche per trovare Moro?
Ma soprattutto siamo sicuri che chi ha votato per Renzi ha fatto tutti questi pensieri sul passato? Non è che lo ha votato proprio perché è stanco di veti e tabù ideologici e vuoti, perché avverte che chi punta il dito contro il sindaco fiorentino è il primo ad aver sdoganato certe frasi e certi comportamenti? Ad aver annullato la presunta diversità morale ed etica della sinistra, ammesso ci sia mai stata?
Votare Renzi significa mettersi una volta per tutte dietro alle spalle gli ultimi ragazzi del Pci, quelli che, nati con la tessera comunista in tasca, hanno deciso di pensionare la falce e il martello senza smettere un attimo di avvertire il peso di quella scelta e senza esser capaci di superare il forte senso di colpa maturato con la dismissione di un’organizzazione di così grande e gloriosa tradizione.
Quelli che hanno votato Renzi hanno deciso di non guardarsi più indietro, hanno detto basta all’ipocrisia di fingersi ancora eredi diretti di una tradizione socialista a cui, quando ancora strizzava l’occhio al massimalismo rivoluzionario e utilizzava la terminologia socialista, la dirigenza già non credeva più da un pezzo. Hanno detto basta ai riti vuoti, basta alle parole chiave su cui spegnere il cervello e scattare sull’attenti, basta alle invenzioni contorte utili a coprire intenzioni diverse. I notabili democratici non hanno capito la propria gente e quel desiderio vero e intenso di “voler fare”, magari sbagliando, ma provando a cambiare.
Una voglia irresistibile di dire basta al nulla, basta ai pareggi a reti bianche. Basta a Berlusconi come scusa per tutto. Basta con la stessa parola “sinistra” se deve continuare ad essere sempre più un’etichetta vuota di cui nessuno conosce più il senso, una targhetta da esibire a chiacchiere e poi magari fare un governicchio con il tanto odiato Pdl. Basta, è ora che la classe dirigente inizi a pagare per i propri errori.
E questo – ovviamente – da oggi vale anche per Renzi.
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Dicembre 12, 2013
DiegoVisto che è ora di pagare per i propri errori è bene sapere che anche Renzi è stato condannato http://it.wikipedia.org/wiki/Matteo_Renzi#Procedimenti_giudiziari perciò mi guarderei bene prima di eleggere una persnona che è già dentro al sistema politico Italiano, cioé fa già parte di questa classe politica corrotta e incapace.
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Dicembre 16, 2013
PaoloRibichiniRenzi è stato condannato in primo grado. Quindi per la legge è assolutamente innocente fino a sentenza definitiva. Non si può dire lo stesso di Beppe Grillo, condannato in via definitiva per omicidio colposo
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Dicembre 16, 2013
DiegoMa che c’entra Grillo? Questo articolo parla di Renzi. (Grillo è stato condannato e lui stesso intervistato ha ammesso la sua colpa, inoltre Grillo non si è mai candidato.)
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