Subappalti e sfruttamento, così in Qatar si costruiscono i Mondiali 2022 - Diritto di critica
Il calcio che fa sognare, ma solo chi lo guarda: il Qatar ospiterà i Mondiali di calcio nel 2022 e i riflettori delle associazioni per i diritti umani si sono puntati sul piccolo e ricchissimo Paese del Golfo, accusato di non tutelare i lavoratori migranti impiegati nei cantieri di stadi e infrastrutture che ospiteranno l’appuntamento calcistico più importante del mondo.
Il rapporto di Amnesty International. E’ il rapporto di Amnesty International dal titolo Il lato oscuro dell’immigrazione. Focus sul settore edilizio in Qatar in vista della Coppa del Mondo a gettare una luce inquietante sui retroscena e sugli abusi che caratterizzano il settore edile in Qatar, soprattutto nel contesto della costruzione delle strutture in vista dei Mondiali Fifa 2022, che offre da un lato investimenti multimilionari e dall’altro innumerevoli possibilità di estremo sfruttamento a danno dei più deboli. In questo caso, quelle persone che si spostano prevalentemente dall’Asia meridionale e sudorientale per trovare nei Paesi del Golfo opportunità di occupazione e che invece trovano abusi continui e condizioni lavorative infime che in diversi casi sfociano in veri e propri lavori forzati.
Il sistema dei subappalti. Il rapporto di Amnesty International si basa su interviste a lavoratori, datori di lavoro e rappresentanti del governo e descrive un sistema di sfruttamento facilitato dalla complessità delle catene d’appalto, grazie alle quali grandi compagnie globali del calibro di Qatar Petroleum, Hyundau E&C e OHL Construction subappaltano il lavoro a piccole e medie imprese, rendendo così difficoltoso identificare e isolare gli sfruttamenti. «Le imprese devono assicurare che i migranti impiegati nei progetti di costruzione non siano sottoposti ad abusi – ha affermato il Segretario Generale di Amnesty International, Salil Shetty -. Dovrebbero intervenire prima e non limitarsi ad agire quanto gli abusi vengono portati alla loro attenzione. Chiudere un occhio su qualunque forma di sfruttamento è imperdonabile, soprattutto quando in questo modo si distruggono i mezzi di sussistenza e la vita stessa delle persone».
Manodopera quasi gratuita. Trattati come bestie da soma, costretti a vivere e lavorare in condizioni durissime e senza il minimo rispetto delle norme di sicurezza, ammassati in alloggi senza acqua potabile né energia elettrica, minacciati di continue decurtazioni all’esiguo (quando non inesistente) salario e sotto scacco dei datori di lavoro che in molti casi sottraggono loro anche il passaporto per impedire qualunque tentativo di fuga, i circa 500mila lavoratori migranti rappresentano per il Paese del Golfo una miniera di manodopera a bassissimo costo pressoché inesauribile: «il Qatar sta ricorrendo in misura ragguardevole ai lavoratori migranti per sostenere il boom delle costruzioni – spiega ancora Shetty – e la popolazione del paese aumenta di venti unità all’ora. Molti migranti arrivano in Qatar pieni di speranze, che vengono sbriciolate poco dopo l’arrivo». La lingua dei dati è ancora più eloquente: secondo un rappresentante del principale ospedale di Doha intervistato da Amnesty International, nel corso del 2012 più di mille persone erano state ricoverate nel reparto traumatologico a seguito di cadute delle impalcature: cadute che nel 10% dei casi hanno causato disabilità permanente e per le quali il tasso di mortalità è stato definito «significativo».
A tutto ciò, inoltre, si aggiunge un’inadeguata legislazione a tutela dei lavoratori: «le imprese di costruzione e le stesse autorità del Qatar stanno venendo meno al loro dovere nei confronti dei lavoratori migranti. I datori di lavoro mostrano un impressionante disprezzo per i loro diritti umani basilari e molti approfittano del clima permissivo, nonché della scarsa applicazione delle tutele, per sfruttare i lavoratori del settore delle costruzioni».
La reazione dell’UE. La denuncia, da parte di Amnesty International e di altre associazione per i diritti umani come Human Rights Watch, delle condizioni di sfruttamento in vista dei Mondiali Fifa 2022 ha provocato l’immediata presa di posizione del Parlamento Europeo, che il 21 novembre ha approvato una risoluzione per chiedere il rispetto dei diritti dei lavoratori migranti e per ricordare alla Fifa che la sua responsabilità «va al di là dello sviluppo del gioco del calcio».