Storico incontro tra Russia ed Egitto, Mosca venderà armi al Cairo? - Diritto di critica
Giovedì scorso il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov si sono recati al Cairo per incontrare i rappresentanti del governo egiziano. Un evento storico, erano decenni che non avveniva una visita di così alto livello da parte della autorità russe in Egitto.
Il capo delle forze armate egiziane, il generale Abdel Fattah al-Sisi, ha dichiarato che l’incontro potrebbe dare inizio a una nuova era di cooperazione tecnico-militare tra i due paesi. Sono in corso trattative per una vendita di armi del valore di circa 2 miliardi di dollari, anche se un accordo definitivo non è ancora stato raggiunto. Il Ministro degli Esteri egiziano Nabil Fahmy ha sottolineato come la visita della delegazione russa sia un importante messaggio politico che riflette apprezzamento e rispetto nei confronti dell’Egitto e della sua storia.
L’Egitto ebbe stretti rapporti con l’ex Unione Sovietica dal 1950 fino alla fine degli anni ’70 e sotto i presidenti Gamal Abdel Nasser e Anwar al-Sadat ricevette grandi quantità di armamenti sovietici con i quali combattè contro Israele nella guerra del 1973. In aggiunta l’ex Urss sostenne progetti in territorio egiziano per importanti infrastrutture come ad esempio la diga di Asswan.
Nel 1979, quando Sadat firmò la pace con Israele, l’Egitto venne ricompensato dagli Stati Uniti con una cifra annuale di 1,3 miliardi di aiuti militari ed economici, avvicinando così il Cairo a Washington e allontanandolo da Mosca. Fino allo scorso ottobre, quando gli Stati Uniti hanno annunciato la sospensione di una parte degli aiuti militari all’Egitto in seguito alla deposizione dell’ex presidente islamista Mohamed Mursi e del suo esecutivo legato ai Fratelli Musulmani. Una posizione, quella statunitense, che ha sconcertato e irritato il popolo egiziano che ha reagito pacificamente ma con determinazione, accusando gli Usa di essere dalla parte dei Fratelli Musulmani, criticando i servizi di emittenti come la CNN e i suoi reportage “a senso unico”, fino a chiedere l’espulsione dell’ex ambasciatrice.
Il capo delle forze armate egiziane, Abdel Fattah al-Sissi, è intervenuto duramente nei confronti degli Stati Uniti e delle altre forze internazionali chiedendo per quale motivo un paese che da sempre si pone come baluardo della democrazia nel mondo in questo caso non abbia appoggiato la rivolta nei confronti di un dispotico Mursi che aveva rifiutato di concedere alla popolazione elezioni anticipate: “Dov’è il ruolo di Usa, Eu e le altre forze internazionali interessate alla sicurezza, la stabilità e il bene dell’Egitto? Forse i valori di libertà e democrazia sono esercitati soltanto da voi mentre gli altri paesi non ne hanno diritto? Avete visto i milioni di egiziani scesi in piazza Tahrir per chiedere un cambiamento”?
Una posizione ambigua quella statunitense che ha portato gli analisti a fare diverse considerazioni sull’iniziale appoggio così incondizionato nei confronti del governo dei Fratelli Musulmani. Alcuni sostengono che l’appoggio nei confronti dei Fratelli e un loro insediamento in paesi come Tunisia, Egitto e persino in Siria, facesse parte di una precisa strategia messa a punto da Washington per portare a una nuova presunta stabilità in Medio Oriente. L’amministrazione Obama avrebbe dunque investito milioni di dollari per finanziare i governi vicini ai Fratelli, senza rendersi però conto della complessità del contesto egiziano, del sospetto nutrito da parte di molti nei confronti della Fratellanza ma, soprattutto, dell’immaturità ed incapacità di governare da parte di un’organizzazione ancora troppo legata a dogmi e visioni incompatibili con l’attuale contesto socio-economico del paese.
Altri come Joe Miller sono invece arrivati a ipotizzare una vera e propria infiltrazione dei Fratelli Musulmani all’interno della Casa Bianca anche in seguito a presunti documenti che attesterebbero l’appartenenza di un fratellastro di Obama alla Fratellanza in Kenya, occupandosi addirittura degli investimenti internazionali dell’organizzazione islamista.
Tesi portata avanti anche da un magistrato della Corte Suprema egiziana, Tehani al-Gebali, che in un’intervista avrebbe indicato il fratellastro kenyota di Obama come principale ideatore e manager degli investimenti della Fratellanza in Egitto.
La visita delle autorità russe al Cairo può dunque essere vista come un totale cambio di rotta da parte dell’Egitto? Difficile crederlo, come dichiarato dallo stesso ministro Nabil Fahmy: “non stiamo cercando di sostituire nessuno e la Russia ha un peso troppo grande sulla scena internazionale per poter essere definita un sostituto”.
E’ più probabile che l’Egitto da una parte abbia voluto lanciare un chiaro segnale all’amministrazione Obama affinchè rifletta attentamente prima di prendere provvedimenti nei confronti del governo egiziano; dall’altra è plausibile che il Cairo voglia tenersi più porte aperte anche in vista dei possibili mutamenti politico-strategici in Medio Oriente soprattutto per quanto riguarda la situazione siriana e il nucleare iraniano. In aggiunta sarebbe controproducente per gli Stati Uniti stessi perdere l’Egitto, un alleato storico e fondamentale sullo scacchiere mediorientale.
Oltre agli interessi economici e militari tra Egitto e Russia, vi è poi un ulteriore elemento da tenere in considerazione: in Russia i Fratelli Musulmani sono stati messi al bando in quanto considerati un’organizzazione terrorista. Il provvedimento della Corte Costituzionale russa del Febbraio 2003 afferma che la Fratellanza avrebbe coordinato la creazione di un’organizzazione islamista, la “Majlis ul-Shura dei Mujahedeen del Caucaso” (Высший военный маджлисуль шура объединённых сил моджахедов Кавказа), guidata dai defunti Emir Ibn al-Khattab e Shamil Basaev; organizzazione ritenuta responsabile di numerosi attacchi terroristi in territorio federale russo.
Una strategia portata avanti anche dal nuovo esecutivo egiziano che ha messo in atto numerosi provvedimenti restrittivi nei confronti della Fratellanza e dei suoi leader, i quali sono in gran parte stati arrestati e sono in attesa di giudizio; primi tra i quali l’ex presidente Mursi e la Guida Suprema Mohammed Badie.
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