Disoccupazione in aumento, nonostante la timida ripresa. Ecco perché
Di questa crisi un aspetto positivo almeno c’è: l’inflazione ha tirato il freno a mano. La benzina e la spesa di tutti i giorni costano di meno. Magra consolazione per chi aveva uno stipendio e oggi non ce l’ha. La disoccupazione ha raggiunto il livello record del 1977. Tutto secondo previsioni. Mentre il Ministero dell’Economia spiega che la ripresa è (appena) iniziata.
La crescita e la disoccupazione. Se l’Italia ha intrapreso la strada della ripresa, perché la disoccupazione continua a crescere? Il problema riguarda il ritardo degli effetti della crescita sul mercato del lavoro. Mentre gli italiani (quelli che possono) ritornano timidamente a spendere o a risparmiare, le imprese inizieranno presto a vedere un cambiamento. Se ciò riuscirà a stimolare una fiducia complessiva nel mondo imprenditoriale, le aziende torneranno ad assumere. Se tutto andrà bene, qualche effetto si avrà concretamente nel 2015.
Decenni per tornare all’occupazione pre-crisi. Ma non ci sarà nulla di automatico. Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni spiega che nel 2017 il Pil italiano tornerà ai livelli pre-crisi. Ciò non significa che il tasso di disoccupazione tornerà ai livelli del 2007. Questo perché esiste in Italia (ma non solo da noi), una rigidità del mercato del lavoro sia in ingresso che in uscita che rende, allo stato attuale, vischiosa la dinamica degli effetti della crescita economica nel mercato del lavoro. In pratica ci saranno meno occupati di quanti sarebbero necessari. Aumenteranno drasticamente i contratti a tempo, i co.co.pro. le partite iva e gli stage più o meno retribuiti. Spariranno di fatto i nuovi contratti a tempo indeterminato.
L’unica strada: un contratto unico con garanzie crescenti. Le crisi sono occasione di miglioramento del proprio sistema economico-finanziario. Molti paesi hanno sfruttato la difficile situazione per mettere in piedi importanti riforme che aggiornano il proprio mercato del lavoro e la propria economia alle mutate condizioni internazionali. In Italia non si è fatto nulla, se non qualche timidissima norma contro i contratti “precari”. Ma siamo ancora in tempo per cambiare le cose e per mettere fine al dualismo pericolosissimo ed iniquo del mercato del lavoro e salvare gli under 35 da una situazione di precarietà e di disoccupazione endemica. La strada è stata tracciata da tanti giuslavoristi ed economisti. Molti convengono sulla necessità di un contratto unico con garanzie crescenti per il lavoratore. Ma dalle parole bisogna passare ai fatti, prima che sia realmente troppo tardi.
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