Ndrangheta a Milano, la città ricorda Lea Garofalo - Diritto di critica
Il 24 novembre 2009 viene uccisa a Milano Lea Garofalo, testimone di giustizia, per mano – secondo quanto deciso dalla Corte di Appello di Milano – del suo ex compagno Carlo Cosco, legato alla ‘Ndrangheta: i suoi resti carbonizzati sono ritrovati in un campo a San Fruttuoso, vicino a Monza, soltanto tre anni dopo.
Il 19 ottobre 2013, Milano sceglie di ricordare la donna coraggiosa che, tramite la sua testimonianza, riuscì a gettare una luce nuova sull’organizzazione e la strutturazione della ‘ndrangheta nella città meneghina: sabato mattina, infatti, presso Piazza Cesare Beccaria, si svolgeranno i funerali di Lea Garofalo, con un rito civile e pubblico che vedrà anche la partecipazione dell’amministrazione comunale, delle scuole, dei coordinamenti e delle associazioni attive nel campo della legalità e dell’antimafia. Per l’occasione, il coordinamento lombardo di Libera ha lanciato la campagna di sensibilizzazione Io vedo, io sento, io parlo! E tu, da che parte stai?, volta a coinvolgere la cittadinanza – milanese e non solo – nella commemorazione di una giovane donna che scelse la testimonianza al posto del silenzio: “Questa campagna parte ora non solo perché c’è il funerale di Lea Garofalo – spiega Davide Salluzzo, referente regionale dell’associazione, a Diritto di Critica – ma anche e soprattutto per ribadire che morti come quelle di Lea non devono ripetersi. Non è possibile che queste persone siano lasciate sole, né che la città abbia tollerato quello che avveniva quotidianamente in via Montello”. Sempre sabato 19 ottobre, proprio in via Montello dove si trova lo stabile roccaforte della famiglia Cosco, verranno intitolati i giardini comunali a Lea Garofalo e si svolgeranno letture e momenti di commemorazione. “C’è stata una forte mobilitazione di scuole, gruppi, amministrazioni locali e persino condomini – spiega ancora Salluzzo – che hanno acquistato le bandiere colorate della campagna Io vedo, io sento, io parlo! Da esporre alle finestre per lanciare un forte segnale”.
La vicenda di Lea Garofalo si lega strettamente alle infiltrazioni della ‘Ndrangheta calabrese in Lombardia, soprattutto a Milano: la donna, 35 anni, sarebbe infatti stata uccisa perché aveva scelto di rompere il muro di omertà attorno agli interessi ed alle manovra di alcuni clan ‘ndranghetisti, tra cui quello dei Cosco, famiglia del suo ex compagno. Inserita nel programma di protezione nel 2002, la donna aveva scelto di uscirne nell’aprile 2009 e un mese dopo aveva già subito un tentativo di sequestro, a Campobasso sventato grazie all’intervento della figlia Denise. Il secondo tentativo di sequestro è stato invece portato a termine nel 2009, mentre la donna si trovava a Milano con la figlia: le ultime immagini di Lea Garofalo ancora in vita sono quelle riprese da una telecamera di sicurezza, che la mostrano salire sul veicolo di Cosco. La donna sarà interrogata, torturata, uccisa e successivamente sciolta nell’acido e sotterrata in un campo della Brianza: i suoi resti verranno ritrovati solamente nel 2012.
“Quella che si verifica a Milano, in una tranquilla ed elegante zona centrale, è un caso di lupara bianca che ci riporta a situazioni e contesti sovente (ed erroneamente) creduti ben lontani dalla realtà cittadina”, si leggeva in un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare firmata nel 2010 dal gip milanese Giuseppe Gennari e notificata dai carabinieri del nucleo investigativo di Milano a sei persone. Per il delitto di Lea Garofalo lo scorso maggio la Corte d’appello di Milano ha confermato quattro ergastoli, tra cui quello nei confronti di Carlo Cosco.