Pandilla MS13, la gang di latinos che terrorizzava Milano
Sgominata la latin gang degli MS13; gli arresti sono stati venticinque tra Milano e le province di Brescia, Cremona, Pavia, Monza e Novara; tutti sudamericani in gran parte provenienti da El Salvador ed Ecuador, tutti tra i 17 e i 36 anni. Quattro maggiorenni erano già detenuti, un minorenne è tutt’ora recluso all’istituto Beccaria e altri due minorenni erano stati posti da tempo in una comunità.
Gli arrestati sono ritenuti responsabili di vari reati tra cui associazione per delinquere, rapina, lesioni personali aggravate e porto illegale di armi da taglio.
Per alcuni tra i maggiorenni è stata prevista la custodia cautelare in carcere, per altri solo gli arresti domiciliari mentre per tre indagati minorenni ci sarà la misura cautelare del collocamento in comunità.
L’organizzazione era strutturata in modo gerarchico e ciascun membro aveva ruoli ben definiti e tutti legati ad attività illecite.
Al capo della pandilla milanese, il salvadoregno Josuè Gerardo Isaac Flores Soto, 25 anni, noto come “Kamikaze” o “Ranflero”, è stato sequestrato un libretto contabile di alcune decine di pagine con i versamenti di tutti gli affiliati della banda; cifre anche inferiori a 100 euro ma che dovevano essere versate da tutti i membri per evitare le violente ritorsioni ordinate dal capo nei confronti di chi provava a sottrarsi a tale obbligo.
Tra gli arrestati anche Stuardo Hackdubar Lainez Laparra, 31 anni , detto “Parra” e Carlos Antonio Castillo Arevalo, 26 anni, noto come ”Oso Grande”, entrambi salvadoregni.
Gli MS-13 erano da tempo sotto indagine in seguito a due tentati omicidi avvenuti nel capoluogo lombardo tra il gennaio e il febbraio del 2011, il primo in zona Duomo e il secondo in via Pompeo Castelli.
Tra i vari luoghi di ritrovo, marchiati con i proprio graffiti, c’era il Parco Nord, via Rimini e via Giovanni da Procida.
Secondo quanto spiegato dagli inquirenti, la banda aveva come finalità quella di dominare all’interno della comunità latino-americana ed era solita ricorrere alla violenza per imporre il proprio ruolo egemone alle altre bande, ma anche di autofinanziarsi e contribuire al mantenimento dei propri membri detenuti attraverso rapine e furti di strada.
I capi della banda erano in contatto con membri degli MS13 in El Salvador ma il gruppo di Milano era autonomo e i collegamenti erano principalmente dovuti al fatto che i salvadoregni residenti in Italia erano già membri della pandilla in El Salvador e avevano deciso di trasferirsi in Italia per motivi non legati all’organizzazione.
La pandilla MS13, nota anche come “Mara Salvatrucha”, nasce negli anni 80 in California da immigrati salvadoregni scappati dalla guerra civile con lo scopo di difendere i connazionali dalle gang afroamericane e messicane. Fortemente presente anche in El Salvador, di recente il gruppo si è espanso in altri paesi dell’America Latina e conta almeno 50 mila membri in Centro America, 10 mila negli Usa e più di 100 mila in tutto il mondo tanto che l’FBI l’ha catalogata come seconda organizzazione criminale degli Stati Uniti ed ha istituito una task force speciale che si occupa solo di loro.
La MS13 è tristemente nota per l’estrema violenza dei suoi membri che, per poter entrarne a far parte, devono superare un rito di iniziazione che consiste in un pestaggio di 13 secondi. Segno distintivo della pandilla sono i tatuaggi, di cui i suoi affiliati sono pieni e inoltre una volta entrati a far parte del gruppo non è più possibile uscirne ma al massimo “allontanarsi” dopo un permesso del capo.
Un elemento sociologicamente rilevante che necessita di essere messo in evidenza è il fatto che spesso i salvadoregni dell’MS13 lasciano il proprio paese per sfuggire da povertà e violenza, arrivano in Italia per cercare una vita migliore, arrivano soli ma poi si incontrano, si riconoscono e magari riconoscono anche membri di bande rivali come gli MS18. Scatta dunque quel vecchio meccanismo settario del “noi” contro di “loro”, una riproduzione del contesto salvadoregno, seppur alquanto ridimensionato. I nemici sono presenti anche in Italia, dunque bisogna riunirsi in gruppi per proteggersi e fronteggiare gli altri; questa è la logica, perché alla fine dei conti un MS13 lo è per tutta la vita. A questi gruppi spesso si uniscono figli di uomini e donne arrivati dal Sud America in Italia per lavorare; ragazzi soli che faticano ad integrarsi e che cercano nella pandilla un ambiente protettivo che magari non trovano a casa e un’identità in cui riconoscersi.
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