Spread e debito pubblico, le tasse nascoste che paghiamo
Manca un miliardo, o forse due. Per evitare tra una settimana l’odioso aumento dell’Iva dal 21 al 22% servono soldi. Soldi che il governo Letta al momento non ha. Per la scelta di abolire l’Imu, per la necessità di rispettare gli impegni europei di mantenere il rapporto deficit-Pil al di sotto della soglia del 3%.
Tutta una questione di spread. Il governo non ha soldi perché lo Stato italiano (e quindi i cittadini tutti) devono pagare una “tassa nascosta” ai propri creditori; la grande finanza e i piccoli e medi risparmiatori: gli interessi sul debito pubblico. Se è vero che lo spread è l’indice sui mercati finanziari dell’affidabilità (per lo meno percepita) del nostro Paese rispetto alla Germania, l’Italia è ancora lontana dal suo obiettivo principale: raggiungere quota 100, come previsto da Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni. È forse un obiettivo utopico (equivale ad un’affidabilità percepita pari a quella della Germania), ma che farebbe risparmiare allo Stato (a regime), ben 10 miliardi di euro (stime del Ministero dell’Economia) che potrebbero essere utilizzati, per esempio, per bloccare l’aumento dell’Iva, ridurre il cuneo fiscale (e quindi il costo del lavoro) e per finanziare ricerca e scuola pubblica.
Un beneficio per tutti. Abbassando lo spread ulteriormente i vantaggi sarebbero per tutti – e non solo per lo Stato – perché calano di conseguenza i tassi di interesse. Maggiore spesa pubblica che può rilanciare l’economia e spingerla verso la necessaria ripresa. Ma favorisce anche i singoli cittadini e imprese, con prestiti e mutui meno cari.
Le riforme che mancano. Letta sa bene che il bilancio del governo, al momento, è negativo. Ha certamente avuto poco tempo per affrontare i problemi del Paese ma è anche vero che ha dovuto sottostare alle pretese elettorali del Pdl sull’Imu. Tuttavia, il premier e l’esecutivo tutto, dovrebbero ora mettere mano alle questioni più stringenti, ad iniziare dal taglio del cuneo fiscale, riforma fondamentale che da decenni rappresenta un freno all’economia del nostro Paese. Con questa riforma Letta spera di riuscire a dimostrare all’Europa e agli investitori internazionali che si è iniziato a percorrere la strada corretta e che ora lo spread si può ulteriormente ridurre. Ciò sarà possibile legando al taglio del cuneo fiscale anche una serie di dismissioni che porteranno alla contrazione del debito pubblico, riducendo l’ammontare degli interessi sul debito e favorendo un ulteriore abbassamento dello spread. Ma serve stabilità e non giova al Paese lo scontro latente tra Pdl e Pd e le polemiche sulla decadenza di Silvio Berlusconi.
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