Under35, in 3 anni 1 milione di posti in meno
Il 2010 è lontano anni luce, per i giovani adulti italiani. In tre anni sono andati in fumo 1 milione di assunzioni per la fascia di età 18-34, schiacciati tra la crisi economica e il blocco delle pensioni. Sono stati chiamati bamboccioni e choosy, ma le “forze fresche” del nostro mercato del lavoro pagano errori vecchi (scale mobili, pensioni d’oro, mancate riforme fiscali) che hanno richiesto le cure “lacrime e sangue” di Monti.
I dati Istat. L’Istat contava nel 2010 6,3 milioni di giovani adulti occupati, ovvero persone tra i 18 e i 34 anni che accedevano al mercato del lavoro dopo gli studi (e, nella maggior parte dei casi, costruivano una famiglia autonoma fuori casa). Poi è arrivata la crisi, come si dice (anche se qualcuno la diagnosticava già dal 2008). Nel secondo trimestre del 2013 l’Istat ha contato 5,3 milioni di occupati nella stessa fascia d’età. Un milione secco di posti in meno. I più colpiti sono i neolaureati: tra i 25 e i 34 anni il calo è di 750mila posti.
In termini percentuali, siamo scesi dal 65,9% di “giovani adulti” occupati al 60,2%: nel 2007 erano addirittura 70,1. Questo significa che, in media, siamo scesi da 7 giovani impiegati in qualche attività remunerata ad appena 6 su 10 assunti: come dire che 4 giovani nell’età attiva per eccellenza restano fuori dal mercato del lavoro.
Di chi è la colpa? Prima che venga in mente a qualcuno, va smentita la tesi dei choosy e dei bamboccioni. Chi cerca lavoro a 25-30 anni trova altri muri che la propria inerzia. Ci sono i vecchi lavoratori non più pensionabili, che la riforma delle pensioni ha trattenuto sul posto di lavoro: il tasso di occupazione tra i 55 e i 64 anni è aumentato nel triennio dal 36,6% al 42,1%. C’è la crisi, che significa per prima cosa stretta creditizia (anche se l’Abi smentisce, il finanziamento alle imprese è crollato e quello alle famiglie si è dimezzato). Senza soldi le imprese private non assumono, posto che riescano a rimanere a galla.
Resta la pubblica amministrazione, che ha ridotto al lumicino le assunzioni a causa del blocco del turn over, deciso per legge. E’ evidente che almeno due motivi su tre di questa crisi occupazionale sono legati a scelte governative. La via della credibilità percorsa dal Governo Monti avrà anche salvato la faccia dell’Italia, ma non i suoi posti di lavoro. Le politiche economiche di Letta non sembrano procedere in direzione migliore.
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