Nave da guerra verso il Libano, i rischi per l'Italia di un'escalation in Siria
È salpato due giorni fa. Senza proclami, forse anche per evitare di ingenerare clamore. L’ “Andrea Doria”, cacciatorpediniere di ultima generazione ha lasciato l’Italia per raggiungere le coste libanesi. Quale sia il suo ruolo è presto detto: secondo fonti di governo, la nave, dotata di sistemi sofisticatissimi per la difesa da attacchi aerei, dovrà svolgere un ruolo di pattugliamento per la protezione dei nostri soldati presenti in Libano.
Hezbollah con Assad. E cosa c’entra il Libano con la Siria? Anche se si tratta di due stati diversi, sappiamo da vari mesi che il gruppo politico-militare libanese di Hezbollah interviene continuamente nel conflitto siriano, a fianco della fazione di Assad. A legare il capo di stato siriano e il gruppo libanese è certamente l’affinità religiosa: sono entrambi sciiti ed entrambi sono foraggiati dall’Iran.
Il rischio di un’escalation. Per questo un attacco da parte degli Stati Uniti e della Francia potrebbe mettere in serio pericolo le truppe Unifil e quindi i nostri soldati che operano sotto l’egida dell’Onu come forza di interposizione tra Hezbollah e Israele. È notizia proprio di ieri il test missilistico in mare deciso dal governo di Gerusalemme, segno del timore di una possibile escalation della situazione mediorientale. Per questo lo Stato Maggiore e il governo hanno deciso di intervenire schierando – comunque in ambito della missione Unifil – una delle migliori navi in dotazione alla nostra flotta militare.
Una nave tecnologica, ma quanto sarà utile? Non si tratta di una nave che sia in grado di svolgere operazioni militari di attacco. La sua configurazione le consente di difendersi da attacchi aerei e di monitorare il cielo al di sopra dell’area di competenza dei militari italiani. Non può nemmeno garantire l’evacuazione delle truppe a terra, visto che non è datata di mezzi da sbarco. Si tratta forse più di un deterrente che di una vera e concreta minaccia contro Assad e Hezbollah che potrebbero compiere azioni terroristiche o veri e propri sequestri nei confronti delle truppe Onu, o addirittura potrebbero divenire oggetto di ritorsioni militari ad un eventuale attacco americano. Meno probabile la possibilità che rimangano schiacciati tra israeliani e libanesi. Questo spiega l’atteggiamento prudente del governo italiano. Proprio in quell’area si concentra lo sforzo italiano per la pace. Con militari a terra. Gli Usa, invece, non hanno uomini che possano correre pericoli.
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