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Diritto di critica | November 21, 2024

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Renzi e la sassaiola Pd

renzi-bersaniAdesso tocca a Matteo Renzi. Dopo tante sconfitte e penalty falliti, al Partito democratico pare abbiano capito che l’unica via è affidare la baracca al sindaco di Firenze. Non che si tratti di un automatismo, ma alternative concrete a Matteo Renzi non ce ne sono. Il diretto interessato chiede a gran voce di avere aria, strumenti e possibilità di manovra all’interno del Pd, l’impressione è che sia ormai troppo tardi e che comunque l’attuale sindaco di Firenze negli ultimi mesi sia stato depotenziato dal suo stesso partito. Prima le sconfitte con elezioni primarie targate ad hoc per evitare che vincesse (nonostante la pantomima del “modifichiamo il regolamento per far partecipare anche Renzi”), poi un limbo in cui di lui si è parlato fin troppo, accostandolo a Silvio Berlusconi per quell’incontro ad Arcore cui partecipò, vero passo falso e macchia sulla sua figura.

Un Renzi così adesso non è più l’homo novus di un anno fa, anzi, è ormai – per usare un’espressione comune – “quello che passa il convento”, avvertito come la via obbligata mentre tanta parte della sua spinta propulsiva un tempo forte della novità è ormai sfumata. Di Renzi si è detto di tutto, lo si è lentamente corroso con quotidiane stoccate, fino a dipingerlo come l’ennesimo leader sfornato dalle fila del Pd. E il Partito democratico dimostra per l’ennesima volta di aver clamorosamente sbagliato i tempi peccando – quasi fosse una novità – di scarsa lungimiranza.

Dalle colonne di Diritto di Critica l’abbiamo detto più volte: se il Pd avesse fin da subito puntato su Renzi dimenticando Bersani, non avremmo mai avuto la situazione attuale. Le larghe intese, l’accordo con Berlusconi, il governo Letta sono figlie di una scelta sbagliata all’origine: la figura di Bersani come leader. Il Pd ha puntato più sugli equilibri interni che non a vincere le elezioni. Ha preferito un governicchio fatto con il bilancino – come dimenticare la fallita trattativa con il M5S – a una vittoria netta, con una lotta sfrenata tra Grillo, Renzi e Berlusconi (anche se il leader Pdl aveva promesso di ritirarsi in caso di candidatura del sindaco di Firenze). E c’è da scommetterci che il Pd avrebbe preso molti più voti di quanti non ne abbia rimediati alle ultime elezioni, riducendo al lanternino anche Grillo, i cui argomenti spesso sono stati gli stessi di Renzi ma scevri dell’inutile populismo.

Il Renzi che vorrebbe adesso prendere in mano il partito, dunque, rischia di essere ulteriore bersaglio della prevedibile sassaiola Pd, vittima di un tiro al bersaglio che ne ha di molto depotenziato aspirazioni, spinta propulsiva e novità politica.

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