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Diritto di critica | November 16, 2024

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Egitto, il difficile percorso verso la pacificazione

Il capo di Stato egiziano MorsiÈ passato un mese dalla rivolta popolare che ha portato alla deposizione dell’ex presidente Mohamed Morsi e i Fratelli Musulmani continuano a recriminare il loro diritto a governare il paese in quanto “democraticamente eletti”. I Fratelli hanno più volte fatto riferimento a termini come “democrazia”, “legittimità”, “legalità”, i quali però sono in forte dissonanza con il reale comportamento sia del direttivo dell’ex governo Ikhwan che dei suoi sostenitori e ciò non soltanto ora  ma  ancor prima che la Fratellanza andasse al potere.

“Un presidente democraticamente eletto non è un presidente democratico”. I primi segnali preoccupanti giunsero durante le elezioni che portarono alla vittoria di Morsi, come illustra Marco Alloni: “Le elezioni che l’hanno portato alla presidenza non erano né trasparenti né democratiche. Le irregolarità andavano dalle pressioni esercitate davanti alle urne da membri della Fratellanza per impedire l’accesso ai sostenitori di Shafiq, a decine di migliaia di voti multipli, a decine di migliaia di voti di elettori non registrati, a massive diserzioni da parte degli ispettori, a una pressoché totale latitanza dei cosiddetti osservatori stranieri”. A ciò si aggiungono anche i  30 milioni di pacchi alimentari donati, in un capillare voto di scambio, all’elettorato più povero. A questo si aggiunge “la circuizione sistematica di centinaia di migliaia di cittadini a cui veniva incultata la convinzione che un voto contro Morsi rappresentava un ‘insulto all’Islam’. Ma soprattutto non va dimenticato che, non esaurendosi una democrazia nelle urne, un presidente democraticamente eletto non per questo è un presidente democratico. E siamo quindi al secondo punto”.

Le denunce contro i giornalisti. In un anno di governo, come documentato da un rapporto della Arabic Network for Human Rights Information, l’esecutivo islamista ha stabilito un triste record per quanto riguarda le denunce nei confronti di giornalisti e personaggi legati ai media, denunce che sarebbero il quadruplo rispetto all’era Mubarak e ventiquattro volte in più rispetto a quella di Sadat. Un esempio evidente è stato l’ordine di arresto emesso dall’ex Procuratore Generale Taalat Abdullah nei confronti del noto comico egiziano Bassam Youssef, accusato di aver “insultato” Morsi. A inizio dicembre 2012 diversi quotidiani egiziani scioperarono contro il tentativo di limitare la libertà di espressione nel paese. Il sito dell’Egypt Independent, uno dei maggior quotidiani egiziani, ha aperto con una schermata nera con la seguente scritta: “State leggendo questo messaggio in quanto l’Egypt Independent si oppone alle continue restrizioni alla libertà dei media, in particolar modo dopo che centinaia di egiziani hanno dato la vita per la libertà e la dignità”.

Un potere grigio. Bassam Youssef ha illustrato come il problema non fosse tanto legato a Morsi quanto piuttosto alla struttura di potere dietro di lui, ovvero la Fratellanza Musulmana;  come si fosse giunti al banco di prova e come si sarebbe a breve visto se l’Islam politico al potere in Egitto fosse realmente favorevole alla democrazia o no. Nel novembre del 2012 con un colpo di mano l’ex presidente Morsi si attribuì tutti i poteri, ponendosi anche al di sopra di quello giudiziario; una non impugnabilità delle decisioni del presidente, inclusi decreti, risoluzioni e decisioni amministrative, che diventavano a quel punto incontestabili e irrevocabili.

Una Costituzione incompleta. Ulteriori perplessità e preoccupazioni sono emerse in seguito a una Costituzione messa in piedi in gran fretta, che non tutelava minimamente le minoranze e che non teneva conto delle varie sfumature che compongono la società egiziana; una Costituzione tra l’altro approvata dal 64% dei votanti in un referendum al quale ha partecipato soltanto un terzo degli aventi diritto.

La resistenza di Morsi. Il resto lo si è visto i primi di luglio con le manifestazioni di massa e con la raccolta di firme del movimento Tamarod che in un mese ne ha collezionate quasi 30 milioni. La popolazione ha chiesto le dimissioni di un governo che aveva perso ogni legittimità e nuove elezioni. Morsi ha rifiutato l’invito dei militari affinché ascoltasse la popolazione e anzi, ha accusato i manifestanti di essere sostenitori dell’ex presidente Mubarak con l’obiettivo di portare il paese nel caos.

La violenza dei Fratelli. Dopo la deposizione del governo della Fratellanza e la nascita di un nuovo esecutivo di transizione guidato da Adly Mansur, i sostenitori degli Ikhwan si sono riversati nelle strade mettendo a ferro e fuoco la città, cercando lo scontro con forze dell’ordine e oppositori, incitati dal murshid della Fratellanza, Muhammad Badi’e, il quale non ha esitato a definire la deposizione di Morsi più grave della distruzione della santa Kaaba alla Mecca e che ha autorizzato l’interruzione del digiuno di Ramadan (uno dei pilastri dell’Islam) per compiere la jihad contro gli oppositori della Fratellanza, appello al jihad lanciato anche dalla guida spirituale degli Ikhwan, al-Qaradawi. Diversi leader della Fratellanza sono stati arrestati con l’accusa di tortura, incitamento alla violenza e all’omicidio ed è di ieri la notizia che due leader del Wasat, partito vicino ai Fratelli, Abul Ela Mady e Essam Sultan, sono stati arrestati con l’accusa di aver incitato i manifestanti pro-Morsi alla violenza e all’omicidio. Sulla rete sono presenti numerosi filmati drammatici sulle violenze messe in atto al sit-in filo-Morsi a Rabaa al-Adawiyya e dintorni; uno dei più celebri è forse quello del ragazzo a cui è stato amputato un dito con la presunta accusa di essere un ladro.

Una road-map difficile. Nonostante i Fratelli Musulmani siano stati invitati ad entrare a far parte della roadmap che porterà il paese verso nuove elezioni, l’organizzazione si ostina a protestare violentemente nelle piazze, marciando verso le basi militari e mettendo in atto continue provocazioni. Dunque tornando a quanto puntualizzato da Bassam Youssef mesi fa, l’islamismo politico dei Fratelli è veramente favorevole alla democrazia? Oppure no?

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