Disoccupazione giovanile, il Governo non trova i soldi
Il Governo Letta si appresta a varare le misure di contrasto alla disoccupazione giovanile, ma i soldi non ci sono ed anche le idee latitano. Per questo le riforme in arrivo rischiano di essere incapaci di aggredire il problema alla radice.
Riforme “a costo zero”. Mercoledì è atteso in Consiglio dei Ministri il cosiddetto “pacchetto Giovannini”, che dovrebbe affrontare il problema della disoccupazione giovanile, arrivata ormai al 39%. La scatola, però, si annuncia semivuota e priva di reale capacità propulsiva. I soldi non ci sono ed il Governo non è in grado di trovarli: tutte le attenzioni, infatti, sono rivolte alla ricerca di risorse per bloccare Iva ed Imu. Gli unici euro che l’esecutivo potrà mettere in campo per gli “under 35” sono quelli dei fondi strutturali europei. Un miliardo, ma vincolato allo sviluppo del sud Italia, quindi è lì che deve essere speso. Per le altre regioni il portafoglio è vuoto, quindi largo alle misure “a costo zero”.
La Fornero abiurata. Circa un anno fa Elsa Fornero, Ministro del Lavoro del Governo Monti, annunciava un giro di vite contro la precarietà giovanile, restringendo le maglie dei contratti a termine. Giovannini ora prepara il dietrofront. L’intervallo tra due contratti a tempo determinato tornerà a scendere: 10/20 giorni (contro i 60 attuali). Inoltre, la possibilità di stipulare contratti di questo tipo senza clausola di giustificazione, oggi limitata al solo primo accordo, verrà estesa anche ai rinnovi, purchè dietro ci sia un’intesa con i sindacati. C’è poi il capitolo apprendistato. Il ministero ci tiene molto e vuole incentivarne la diffusione diminuendo la quota di tempo riservata alla formazione e rivedendo al ribasso anche la percentuale di apprendisti che devono essere assunti al termine dello stesso. Molte di queste novità, però, non piacciono alle associazioni dei lavoratori, che temono un acuirsi della precarietà estrema.
Pochi soldi, solo al sud. C’è poi il capitolo delle (poche) riforme che richiedono risorse economiche. Circa metà del miliardo a disposizione verrà impegnato per la decontribuzione a favore delle imprese che decidono di assumere a tempo indeterminato un giovane “under 30”. L’obiettivo è favorire la stabilizzazione di circa 60mila lavoratori. Altri 60mila giovani dovrebbero avere un primo accesso al mondo del lavoro grazie ad un piano di stage e tirocini retribuiti (500 euro al mese per un semestre), realizzati tramite Italia Lavoro. Infine, circa 125mila euro verranno dirottati verso la promozione dell’imprenditorialità giovanile e la costituzione di cooperative attive nei settori dei beni culturali e dei servizi alla persona. Ma visto che il miliardo a disposizione per queste misure proviene dai fondi europei per il mezzogiorno, è lì che dovrà essere investito. Per estendere i provvedimenti a tutto il paese serve un altro miliardo, che ad oggi non c’è.
Tanto rumore per nulla. Il “pacchetto Giovannini” è tutto qui: riforme “senza portafoglio” e pochi soldi per il sud. Rimane fuori una lunghissima lista di provvedimenti annunciati dal governo e poi insabbiati. Non c’è spazio per un vero intervento sul cuneo fiscale. Non si parla più della staffetta generazionale, che avrebbe facilitato l’ingresso in azienda di lavoratori giovani al posto di impiegati disponibili al prepensionamento. L’impressione è che si stia cercando di prendere tempo, in attesa di idee e contesti economici migliori. Il rischio, però, è che si finisca solo per perdere tempo. E l’Italia non sembra poterselo permettere.
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