L'FMI ammette: troppa austerità ha peggiorato la crisi greca
di Francesco Rossi
Vedere il Fondo Monetario Internazionale, l’Unione Europea e la Banca Centrale Europea azzuffarsi, come bambini scoperti dalla maestra a maltrattare un loro compagno, non è certo uno spettacolo edificate. A scatenare la rissa è stato il Wall Street Journal, pubblicando alcuni estratti di un rapporto confidenziale dell’FMI, in cui si ammettono gli errori compiuti nell’imporre misure di austerità eccessive alla Grecia. Gli altri due membri della troika, però, non ci stanno e respingono al mittente le accuse.
Bugie ed errori. Il cuore del “mea culpa” è un misto di bugie, errori strategici, previsioni sbagliate. Ad esempio, Christine Lagarde, direttore generale dell’FMI dal 2011, si è sempre spesa con dichiarazioni pubbliche per garantire la sostenibilità del maxi-debito greco. In realtà gli analisti dell’ente hanno sempre avuto più dubbi che certezze a tal proposito; dubbi poi rivelatisi fondati, quando la Grecia è stata “accompagnata” verso una pesante ristrutturazione delle sue finanze. Un altro errore clamoroso il Fondo e la troika lo hanno fatto elaborando le previsioni di andamento dell’economia ellenica. Per il periodo 2009-2012, infatti, era stato stimato un calo del PIL del 5,5%, poi in realtà precipitato del 17%; nello stesso tempo la disoccupazione sarebbe dovuta salire al 15% mentre è schizzata al 25%. Inoltre sono stati sottovalutati gli effetti recessivi delle pesanti misure d’austerità. Sbagli evidenti usati come fondamenta per edificare il piano di risanamento greco, costato oltre 240 miliardi.
Il ruolo di UE e BCE. Nel report l’FMI prova anche ad addossare buona parte della colpa degli errori alla Commissione Europea, rea di aver posticipato al 2012 la ristrutturazione del debito ellenico, a cui, invece, bisognava mettere mano già nel 2010. Due anni di anticipo, secondo il Fondo, avrebbero abbassato i costi del salvataggio a carico dei contribuenti continentali. Da Bruxelles, però, non ci stanno, e respingono al mittente le accuse, dicendosi in “forte disaccordo”. E dal battibecco prova a sfilarsi anche la BCE, terzo componente della troika, che per bocca del Presidente Draghi fa sapere di non aver nulla da rimproverarsi e di essere soddisfatto perchè il report dell’FMI non tira in ballo il suo istituto. Anzi, il leader della banca centrale europea si spinge oltre, e ritiene di poter assolvere tutti: “non possiamo giudicare ciò che è stato fatto ieri con gli occhi di oggi”.
La Grecia nel mezzo. Tra i tre litiganti chi di certo non gode sono i cittadini greci, a cui oggi viene detto che i pesanti sacrifici a cui sono stati costretti, almeno in parte, potevano essergi risparmiati. A distanza di qualche anno scoprono di aver pagato errori propri (come il ritardo nell’approvare riforme essenziali) ma anche altrui. Secondo molti analisti internazionali la Grecia, pur non essendo ancora fuori pericolo, si sta lentamente avviando verso l’uscita dal baratro. Ma la situazione è ancora cupa e le ferite della “cura da cavallo” che le è stata imposta si vedranno ancora a lungo. Oggi è probabile che gli errori commessi con Atene siano da monito per il futuro, e contribuiscano a risparmiare sofferenze economiche ad altri Stati in crisi. Ma questa, per i greci, è una magra consolazione.