Salvataggio RCS, Della Valle contro il "salotto buono"
Scritto da Francesco Rossi
Salvataggio RCS. L’assemblea dei soci di RCS ha approvato l’aumento di capitale con il voto contrario di Diego della Valle, in aperta polemica con la dirigenza. Mister Tod’s ha deciso di mantenere la linea della fermezza e della critica aspra, nonostante le aperture degli ultimi gironi e l’ottenuta rinegoziazione del piano di salvataggio. La sua è sempre più una sfida aperta al “salotto buono” di Mediobanca.
Le nuove condizioni. Il disco verde al salvataggio di RCS è arrivato dopo una riunione fiume, secondo i nuovi parametri elaborati in un mese di trattative. L’aumento di capitale immediato è sceso da 400 a 380 milioni; le linee di credito (gestite da Mediobanca, Unicredit, Intesa, Bpm e Ubi) sono salite da 575 a 600 milioni; la quota di rifinanziamento destinato a ripagare i debiti con le banche è calata da 225 a 150 milioni. Quest’ultima condizione sembrava fatta apposta per convincere anche Della Valle, che nei giorni scorsi aveva accusato le banche, contemporaneamente azioniste e creditrici di RCS, di voler imporre un accordo finalizzato solo al recupero dei loro soldi, a discapito degli altri soci. Ma alla fine Mister Tod’s ha votato comunque contro.
La scalata al vertice. La battaglia di Della Valle non è mai stata solo economica. Ciò a cui punta dichiaratamente l’imprenditore marchigiano è scardinare il sistema di potere di chi, secondo lui, vuole “comandare in penombra, investendo molto poco e rischiando praticamente nulla”. Insomma: il “salotto buono” di Mediobanca. Anche su questo versante, nelle ultime settimane, il “re delle scarpe” sembrava aver portato a casa qualche risultato. Una recente nota ufficiale del CdA di RCS, infatti, parlava di un impegno per rafforzare la coesione tra tutti i soci. C’è chi ci aveva letto dietro una promessa: sciogliere entro un mese il patto di sindacato che controlla la società (da cui Mister Tod’s è polemicamente uscito nel 2012) e dare il via ad un nuovo assetto. Rassicurazioni che, evidentemente, a Della Valle non sono bastate.
Lotte fra imprenditori. Il tumulto che circonda RCS (ed il suo gioiello: il Corriere della Sera) è solo l’apice di una battaglia che coinvolge due anime del capitalismo italiano. Della Valle sta lavorando per costruirsi l’immagine di imprenditore affermato, che sa investire e rischiare, e che non ama il potere fine a se stesso. Aspira a mettersi “a capo” di un gruppo di industriali (in cui si possono ascrivere, ad esempio, anche Abete o Squinzi) che si professano estranei all’establishment del “salotto buono”, nemici di quel capitalismo “di relazione” (stile Ligresti, per intendersi) che ha governato il paese per decenni.
Il destino del Corsera. Stavolta, però, la partita a scacchi coinvolge il Corriere della Sera, ovvero il principale quotidiano italiano, arma letale quando si tratta di orientare l’opinione pubblica. Della Valle ha fiutato l’opportunità e non intende mollare l’osso. Se davvero, grazie alla sua linea oltranzista, otterrà lo scioglimento del patto e riuscirà a pesare di più si avranno ripercussioni anche sulla linea editoriale del giornale. Il quotidiano di via Solferino abbandonerà al suo destino il salotto buono per seguire il “nuovo corso”?