Cosa prevede la Convenzione di Istanbul
La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani a tutti gli effetti e nasce dalla discriminazione sociale nei loro confronti. A metterlo nero su bianco è la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, siglata a Istanbul nel 2011 e ora ratificata all’unanimità dalla Camera dei deputati italiana. Dopo l’escalation di aggressioni contro le donne degli ultimi mesi, e i continui appelli della società civile, anche l’Italia compie un primo passo importante verso la lotta a questo genere di violenze.
I principi fondamentali. La Convenzione, composta da 81 articoli, rappresenta il primo strumento internazionale in grado di vincolare giuridicamente gli Stati alla tutela dei diritti delle donne. L’obiettivo è quello di dar vita finalmente a “un quadro normativo completo” capace di contrastare e prevenire qualunque tipo di violenza contro le donne, compresi gli abusi subiti tra le mura domestiche. Ancora oggi è soprattutto la disuguaglianza, ormai “storica”, la causa principale delle violenze contro le donne. Violenze dalla “natura strutturale”, “basate sul genere”, che rappresentano “uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”. Meccanismi che a loro volta impediscono da sempre “una piena emancipazione delle donne”. La lotta alla violenza nei loro confronti passa quindi necessariamente dal raggiungimento dell’uguaglianza di genere “de jure e de facto”.
Gli obiettivi. Per contrastare questo tipo di violenza la Convenzione sottolinea la necessità di predisporre “un quadro globale di politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza”, in modo tale da mettere le autorità competenti in grado di agire e collaborare efficacemente, anche a livello internazionale.
Gli obblighi per gli Stati. La Convenzione obbliga dunque gli Stati aderenti ad adottare tutte le misure legislative necessarie per la tutela delle donne vittime di violenza. A partire dal dovere di perseguire i reati riconosciuti dalla Convenzione stessa (come stupro, mutilazioni genitali, stalking e violenze psicologiche), fino a forme concrete di assistenza (come servizi di supporto anche legale, case rifugio, linee telefoniche di sostegno) e al diritto al risarcimento civile per gli abusi subiti (senza oneri per le vittime).
Tramite la Convenzione gli Stati si impegnano inoltre ad avviare tutte le politiche necessarie a promuovere la parità tra i sessi, anche attraverso campagne di sensibilizzazione in grado di rendere la società più consapevole nei confronti di queste forme di violenza e delle loro conseguenze, nonché della necessità di prevenirle. Tradizioni, pregiudizi e costumi basati “sull’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini” sono, infatti, le principali cause della violenza contro le donne: combatterli tramite l’informazione e l’educazione è la vera sfida. Al GREVIO, gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne, spetterà il compito di vigilare sull’attuazione della Convenzione da parte degli Stati aderenti.
Il testo è stato approvato all’unanimità dalla Camera e passerà ora all’esame del Senato. L’Italia è la quinta nazione a ratificare la Convenzione dopo Montenegro, Albania, Turchia e Portogallo. Per poter entrare in vigore la Convenzione dovrà essere approvata da dieci Stati, di cui almeno otto del Consiglio d’Europa. Il voto dell’Aula di Montecitorio, accolto da un lungo applauso, è arrivato nel giorno dei funerali di Fabiana, la ragazza di appena 16 anni brutalmente uccisa dal fidanzato a Corigliano Calabro.
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