Niente Tsunami a 5 Stelle, il Pd sorride
A conti fatti lo tsunami non c’è stato. E, nonostante i sondaggi, non solo il Pd ha retto, ma si può dichiarare vincitore di questa prima battaglia elettorale. Tuttavia, la vittoria, quella che conta, si avrà solo nello scontro decisivo tra due weekend, in occasione del ballottaggio. Il Pdl esce un po’ ridimensionato rispetto alle indicazioni di voto raccolte dagli istituti di sondaggio, mentre Grillo e il suo MoVimento perdono molti voti rispetto alle elezioni politiche.
Dallo tsunami alla “decrescita (in)felice”. Appigliarsi al fatto che in molte amministrazioni comunali il M5S non era presente in precedenza per dire che in fondo quella grillina rimane comunque una vittoria, non rende onore all’impressionante affermazione di febbraio alle elezioni politiche. Certo, il voto locale ha dinamiche diverse rispetto a quello nazionale. Ma è proprio sul territorio (vedasi Emilia) che i 5 stelle hanno dimostrato nel loro recente passato, di essere più forti, forse perché più vicini ai bisogni della gente. Come non dimenticare il trionfo clamoroso solo un anno fa a Parma. Ma di quell’entusiasmo che ha caratterizzato veri e propri trionfi pentastellati, sembra sia rimasto poco.
Non saper comunicare. “Ne rimarrà solo uno”, ha recentemente gridato da un palco d’Italia Beppe Grillo. Il comico genovese ha prefigurato a queste elezioni il crollo definitivo del Pd e un’affermazione a destra del Pdl, unico, vero e ultimo nemico da combattere alle prossime elezioni politiche. Ma quel presagio non si è concretizzato. Anzi, il M5S fa un passo indietro. È inutile attaccare la stampa per non aver dato spazio ai 5 stelle. I giornali di carta sono letti dal 10% della popolazione. Piuttosto la comunicazione è mancata in tv. Se i talk show sono offlimits per scelta del capo, non sono però mancate occasioni – come nel caso di Marcello De Vito a Roma – di partecipare ad alcuni faccia a faccia in tv. Il problema, semmai, è la selezione dei candidati, una selezione che deve andare al di là di primariette in cui partecipano 10mila iscritti e al di là delle competenze. Si chiama marketing elettorale. E se manca la comunicazione, non c’è il voto. È come un eccellente ingegnere che non sa spiegare le proprie idee, rimarrà un ottimo ingegnere, ma sarà certamente un pessimo insegnante.
Il campanello d’allarme. Il caso di Roma non è isolato. La “decrescita” è avvenuta anche in Valle d’Aosta, mentre il MoVimento non ha sfondato nemmeno nella città dello “scandalo”: Siena. Un fulmine a ciel sereno? Tutt’altro. I risultati delle elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia di un mese fa erano stati il campanello d’allarme non ascoltato. I 5 stelle non hanno capitalizzato il loro 25% in Parlamento e soprattutto si sono persi in dibattiti del tutto marginali rispetto ai problemi reali del Paese, come la diaria.
L’astensione. E se ora Grillo si lecca le ferite, non va molto meglio agli altri partiti. Al di là del dato percentuale, il crollo della partecipazione al voto, soprattutto nella Capitale, dovrebbe suonare come un avviso ai naviganti: se non si cambia rotta si finisce diritti nella tempesta. L’astensione ha certamente penalizzato in primis il MoVimento – che non sembra più essere in grado di attirare in maniera forte il voto dei delusi della politica – ma anche – per lo meno a Roma – il centro-destra. Alemanno non va oltre il 29%, più o meno gli stessi voti conquistati nella Capitale da Francesco Storace, candidato alla regione Lazio per il centro-destra, solo tre mesi fa.
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