Notte dei Musei per tutti. Ma non per i disabili. Ecco la Roma che deve cambiare
La Notte dei Musei sembra esser stata un trionfo di organizzazione e gioia nella Capitale, almeno a quanto si legge nelle dichiarazioni ufficiali: «oltre 270mila presenze», «il numero più alto di partecipanti mai visto», dicono soddisfatti dal Campidoglio. Eppure, sabato sera, mentre 270mila persone stavano in fila per vedere la mostra di Salgado o qualche splendida immagine del World Press Photo, due ragazze diversamente abili hanno vissuto un vero e proprio incubo sui mezzi pubblici di Roma. E della Notte dei Musei non hanno visto nulla.
Silvia e Concetta sono due studentesse fuorisede che vivono e studiano a Roma. Entrambe affette da handicap motorio, sono costrette a muoversi in carrozzina. Le abbiamo intervistate, perché di questa meravigliosa Notte dei Musei volevamo raccontare quello che non ha funzionato, perché crediamo che sia troppo facile far vedere quello che funziona, soprattutto in campagna elettorale. A Roma tante cose non vanno, ed è da queste che il sindaco che verrà eletto dovrà necessariamente partire per cambiare la città.
Quali erano i vostri piani iniziali e quali, poi, effettivamente quelli che avete realizzato? Cosa è successo?
Silvia: I nostri piani erano quelli di andare a vedere la mostra di Salgado al museo dell’Ara Pacis. Io e il mio ragazzo siamo partiti dalla periferia di Roma per raggiungere Concetta alla stazione termini. Da lì dovevamo prendere il 70 che ci avrebbe lasciato vicino al museo dove ci aspettavano altri amici. Sebbene ci siamo messi in viaggio alle 20:30, non siamo riusciti a raggiungere nessun museo a causa dell’inaccessibilità dei mezzi pubblici di Roma. E le biglietterie dei musei chiudevano all’1 di notte! Abbiamo passato gran parte della nostra serata a Termini.
Concetta: abito a 10 minuti da Termini, quindi mi avvio alle 22.00 e subito passa l’autobus 492 che, nonostante il cenno di accostarsi, finge di non vedermi. Irritata, gli vado dietro obbligandolo a fermarsi. L’autista apre la portiera con una faccia come a dire: “beh, che vuoi?” – e io: “scusi nemmeno si ferma?” e lui alla romana mi risponde: “nun c’ho ‘a pedana” io sconcertata ribadisco: “quindi, io che faccio, non salgo??” lui: “e se nun c’ho ‘a pedana!!”. E io ancora: “allora chiami la centrale” lui :”c’ho er telefono scarico!”. Quindi controbatto: “ok prendo subito il numero della vettura e le faccio vedere se ha il telefono scarico”. Ma lui mi chiude la porta in faccia e se va. Denuncio subito l’accaduto all’ispettore dell’Atac. Nel frattempo arriva il 71, anch’esso senza pedana, e fortunatamente un ragazzo mi aiuta a salire, mentre l’autista se ne stava immobile senza muovere un dito. Dopo circa 40 minuti arrivo a Termini e incontro finalmente Silvia e il ragazzo. Speranzosi, attendiamo l’autobus. Peccato che arrivi alle 00.50. L’ispettore, stremato, ci ha fatti salire facendo scendere tutta la gente e autorizzando l’autista ad accompagnarci a casa perché ormai il museo aveva chiuso la biglietteria. Così tristi, furiose, amareggiate, in silenzio e soprattutto incredule siamo tornate a casa.
Le difficoltà che avete riscontrato ieri sera sono comuni nella vostra vita di tutti i giorni? all’Università avete gli stessi problemi?
Silvia: queste difficoltà, purtroppo le viviamo ogni giorno. Concetta molto di più di me perché lei prende l’autobus tutti i giorni, è spericolata!! Io non avrei mai il coraggio di prendere l’autobus da sola a Roma, l’indifferenza della gente mi spaventa molto. E poi certi autisti corrono da pazzi e spesso ho rischiato di ribaltarmi con la carrozzina durante la corsa. Sabato sera l’autista dell’Atac ha mostrato indifferenza verso di noi: non è la prima e né sarà l’ultima volta che un autista fa spallucce di fronte al problema, chiude le porte e riparte. Rimaniamo il più delle volte a terra ad aspettare la corsa successiva, o quella successiva alla successiva. Non sai mai quando passerà l’autobus giusto per te, spesso passano ore, a volte sotto la pioggia e al freddo, nella totale indifferenza degli altri cittadini che si infastidiscono di fronte al tuo problema. Vogliono tutti tornare a casa al più presto. Tu con la tua carrozzina rappresenti un problema da bypassare, un ritardo sulla loro tabella di marcia. Inoltre, i posti destinati alle carrozzine sono spesso occupati impropriamente e, anche se liberati dietro nostro sollecito, non sono messi in sicurezza perché mancano le cinture di sicurezza. Quando andavo all’università non potevo avere normale accesso al dipartimento, a causa di una scalinata storica su cui non era possibile montare un montascale per via dell’importanza della scalinata. Quindi dovevo fare un giro alternativo da un’entrata secondaria in cui l’ascensore da prendere era molto stretto. Fortunatamente le porte dell’ascensore erano smontabili: smontavamo le porte, entravo, rimontavamo le porte, salivamo al piano desiderato, smontavamo le porte, uscivo dall’ascensore, rimontavamo le porte. Questo mi costringeva ad andare all’università sempre accompagnata, nonostante vivessi a pochi metri dalla città universitaria e avrei potuto andarci come e quando volevo. L’importanza della scalinata ha avuto la meglio sui diritti di una persona. Sarebbe bastata una pedana di legno mobile da mettere e togliere all’occorrenza.
Concetta: quello che è accaduto sabato sera purtroppo a me non è la prima volta che succede: ne avrei di belle storie da raccontare, così tante da scriverci un libro. Vado in giro sempre da sola e ho vissuto anche a Praga per 5 mesi dove, nonostante si dica che sia un Paese più arretrato del nostro, posso dire di non aver avuto mai problemi di questo tipo, anzi sono molto più avanti della nostra bella Italia per quanto riguarda la questione barriere.
Domenica e Lunedì i romani saranno chiamati a votare per il sindaco e il rinnovo dell’Assemblea Capitolina: cosa vi aspettate dal chi vince? cosa manca a Roma, dal vostro punto di vista di persone con disabilità, per essere davvero una Capitale?
Silvia: Ci aspettiamo, o meglio sogniamo, maggiore interesse per il cittadino e per i suoi problemi. Ognuno di noi, ogni giorno si trova a fronteggiare problemi più o meno grandi. Qualunque siano queste problematiche, è il sentirsi abbandonati dalle istituzioni che fa più male. Sapere che, per quanto tu sia una persona attiva che non si arrende di fronte alle difficoltà quotidiane, nessuno ti aiuterà per cambiare le cose. Urli e nessuno ti ascolta e se ti ascoltano è solo per dirti di stare zitta. Quindi spero tanto che la nuova giunta abbia orecchie nuove e voglia di collaborare a stretto contatto col cittadino. A Roma, per essere una vera capitale europea, mancano troppe cose. Mancano le infrastrutture, manca l’accettazione dell’altro diverso da sé, manca la tolleranza, manca il rispetto. Se si partisse dal presupposto che la persona disabile può rappresentare una risorsa per la comunità, piuttosto che un limite, forse certi episodi come quello di sabato sera non accadrebbero più. Io e Concetta abbiamo girato molte capitali europee e non abbiamo mai riscontrato problemi nei mezzi pubblici. Abbiamo sempre trovato accoglienza, rispetto e soluzioni. Roma si dimostra spesso la capitale dell’«arrangiati».
Concetta: Roma per essere una capitale piange. Mi piacerebbe farle ritrovare il sorriso così da farlo ritornare pure a noi cittadini. Sarebbe un sogno se venisse eletto un sindaco che abbia seriamente a cuore questa città e i tutti noi. Non vogliamo un sindaco vicino alle persone disabili solo in questi giorni per farsi campagna elettorale. Questa città è una delle più belle al mondo bisogna farla rifiorire e per questo occorre che si modernizzi dal punto di vista delle infrastrutture per non parliamo dal punto di vista mentale.
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