Il caso Lo Porto, il sequestro di cui nessuno parla più - Diritto di critica
Sono ormai passati quasi sedici mesi dal sequestro del giovane volontario italiano Giovanni Lo Porto e sul suo caso vige il silenzio assoluto, sia da parte delle istituzioni che da parte dei presunti sequestratori, che non si fanno vivi dallo scorso novembre. Riserbo più totale imposto anche alla famiglia di Lo Porto.
Giovanni Lo Porto è stato sequestrato il 19 gennaio 2012 in Pakistan, a Multan, insieme a Bernd Johannes Mohlarback, direttore olandese dell’ufficio locale dell’ong tedesca Welthungerhilfe, presente nel paese per aiutare le popolazioni colpite dalle inondazioni nel sud della provincia del Punjab.
La Welthehungerhilfe è un’organizzazione umanitaria privata, senza scopo di lucro, politicamente indipendente e non legata a una denominazione religiosa. Fondata nel 1962, in questi 50 anni la ong ha seguito 5500 progetti in oltre 70 Paesi con uno stanziamento generale di 1,9 miliardi di euro.
Membro di Alliance2015, un network di organizzazioni umanitarie europee, la Welthungerhilfe ha avuto nel 2009 un budget di 143,5 milioni di euro, 31,9 ricevuti da donazioni private, il resto da sovvenzioni pubbliche, comprese quelle del World Food Programme, dell’Unione Europea e del ministero tedesco per la cooperazione economica e lo sviluppo.
A dicembre scorso, la tv pachistana Dunya Tv ha trasmesso un video, “diffuso da al Qaida”, in cui Mohlarback chiedeva al governo di tedesco di accettare le richieste formulate dai suoi sequestratori perche’ altrimenti sarebbe stato ucciso; nessun riferimento a Lo Porto nel video anche se l’olandese utilizza ripetutamente il “noi”, “siamo in difficoltà”.
Inizialmente si era ipotizzato che i responsabili del sequestro fossero i Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP), principale movimento armato anti-governativo, ma un loro portavoce ha negato di avere in mano i due uomini e ancora oggi non risulta chiaro chi vi sia dietro al rapimento.
I due cooperanti sono stati prelevati al tramonto da tre uomini armati di pistole che hanno fatto irruzione negli uffici della ong a Multan, hanno fatto indossare ai due lo shawar kameez, tipico abito pakistano, e li hanno portati via su una jeep 4×4 che attendeva fuori con un quarto uomo al volante.
Un sequestro ben pianificato dunque; il commando era al corrente del fatto che nell’edificio vi fosse personale dell’ong, sapevano chi era il direttore. I due cooperanti sono stati fatti spogliare e indossare lo shewar verosimilmente per due motivi, uno per eliminare possibili congegni elettronici per l’individuazione, come sostenuto anche dalla polizia pakistana; inoltre con l’abito tradizionale i due sarebbero riusciti a passare più facilmente inosservati.
Vale la pena prestare attenzione anche alla tipologia di veicolo utilizzato per l’azione, una jeep 4×4, veicolo in uso sia negli ambienti della guerriglia che in quelli delle forze di sicurezza, in quanto permette di muoversi rapidamente per le impervie strade del paese.
Fonti locali hanno dichiarato che il governo pakistano ha successivamente ritirato alla Welthungerhilfe i permessi per svolgere le attività a Multan, definendole “attività sospette”.Il portavoce dell’ong ha replicato da Bonn che le accuse sono molto gravi, aggiungendo di non poter confermare o rilasciare alcun commento o dettaglio al riguardo.
Rashid Rehman Khan, a capo della Human Rights Commission of Pakistan (HRCP) a Multan, ha condannato il provvedimento in quanto la WHF è riuscita a mettere insieme diversi piani per un valore di 300 milioni di dollari, tutto in favore delle vittime dell’alluvione. Khan ha inoltre aggiunto che l’episodio risulta poco chiaro in quanto la zona del sequestro era pesantemente presidiata dalle forze di sicurezza locali, dunque non si capisce come tale gruppo sia riuscito a entrare in azione senza essere notato.
Difficile dunque sapere chi abbia sequestrato i due cooperanti e dove siano trattenuti; è vero che il TTP ha negato ogni responsabilità, ma è importante tener presente che si tratta di un gruppo composto da numerose fazioni, circa una quindicina, dalle strutture non ben definite e ciascuna con il proprio leader; conseguentemente anche se il portavoce del TTP emette una dichiarazione, non è necessariamente detto che lo faccia in rappresentanza di tutte le varie fazioni che compongono il gruppo. Alcune fonti sostengono che i due potrebbero essere stati sequestrati da una banda criminale della zona di Multan che li avrebbe poi rivenduti a qualche gruppo jihadista legato ad al-Qaeda nella zona del Waziristan.
Nella zona circolano poi voci su un eventuale coinvolgimento dei servizi di sicurezza pakistani.