Lavoro e Welfare, lo Stato non vuol pagare
Non ci sono soldi, lo abbiamo capito, ma forse su alcuni temi andrebbero trovati. Il Ministro del Welfare Giovannini gioca d’equilibrismo sulle misure che il Governo prepara per l’occupazione giovanile: annuncia un pacchetto di riforme per giugno, poi si rimangia le dimensioni dell’intervento. A conti fatti, lo Stato tenta un’operazione a basso costo, spostando qualche paletto (di pochissimo) della Fornero; ma si prepara a tagliare cig e pensioni. I soldi dovranno tirarli fuori gli italiani.
Paga Pantalone. “Bisogna costruire le condizioni di maggiore certezza e di prospettiva, affinchè si possano smobilizzare le risorse che sono state messe in parcheggio” da parte di famiglie e imprese. Il ministro Giovannini punta un’altra volta al “tesoretto” degli italiani, quei fantomatici soldi nascosti sotto il materasso per i tempi di magra. E’ l’ennesima resa dello Stato sul tema del Welfare: visto che non riusciamo a coprire tutti, usiamo l’effetto annuncio e speriamo che i cittadini tirino fuori fiducia e soldi dal cassetto.
Nel concreto. Il pacchetto di giugno annunciato da Giovannini conterrà pochissimi investimenti. Un nuovo tipo di social card già in via di sperimentazione dovrà andare a sostenere le famiglie senza lavoro e numerose, cioè si sposterà un piccolo importo di finanziamenti (la precedente era quasi elemosina, se vi ricordate) dai pensionati ai disoccupati. Un’operazione che dovrà rimanere a saldi invariati, chiariscono dal ministero del Welfare, perché soldi non ce ne sono.
Cig in deroga, da rivedere. La cassa integrazione in deroga va cambiata: non possiamo usarla per sostenere i lavoratori già licenziati dalle aziende, solo formalmente in attesa di una possibile riassunzione. “Dovremo trovare per loro altri strumenti”, dice Giovannini. Ma sempre variando le regole e non la cassa.
Le pensioni ancora sotto il bisturi. Il Governo sta elaborando una proposta per i quasi-pensionati: se uscite dal lavoro prima, vi versiamo una pensione più bassa. Un sistema di penalizzazioni per i “baby pensionati”, che il lavoratore avrebbe la possibilità di scegliere. Considerando il livello medio delle pensioni, è improbabile un successo plateale di questa idea.
Giovani neet, il solito slogan. Nell’audizione parlamentare del ministro Giovannini abbondano i dati Istat su giovani e neet. Il sottosegretario ricorda che 2,1 milioni di under 35 non lavora e non studia, una perdita secca di risorse umane per il Paese. Ma non propone quasi nulla. Dovranno essere (ri)messi in funzione i centri per l’impiego, accorciati i tempi tra un contratto a termine e l’altro, ridotte piccole voci di spesa per le aziende. Ma senza defiscalizzare sul serio: solo il minimo indispensabile a “ingannare” famiglie e imprese e farle venire allo scoperto, ad investire da sole senza appoggi statali.
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