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Diritto di critica | November 21, 2024

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"In Siria usate armi chimiche". E Obama minaccia l'intervento

siriaL’intervento americano in Siria è sempre più vicino; giovedì scorso il Segretario alla Difesa della Casa Bianca, Chuck Hagel, ha dichiarato che il regime di Assad ha verosimilmente utilizzato armi chimiche contro l’opposizione, in scala ridotta, per evitare un intervento degli americani; l’agente chimico utilizzato risulterebbe essere il sarin, un gas nervino della famiglia degli organofosfati.

L’intossicazione da Sarin può avvenire sia per via aerea che attraverso il contatto cutaneo, colpisce il sistema nervoso degli esseri viventi e risulta letale anche in concentrazioni minime se non viene rapidamente somministrato l’antidoto.

Una dichiarazione che affianca quelle di Gran Bretagna e Israele. Mentre infatti test dell’MI6 britannico effettuati su campioni di suolo prelevato in Siria documenterebbero la potenziale presenza di gas Sarin, martedì scorso il generale Itai Brun, dell’intelligence militare israeliana, ha denunciato il possesso da parte del regime siriano di un vasto arsenale di armi chimiche, accusando inoltre l’esercito di averne fatto uso. Brum ha poi fatto riferimento ad alcune foto scattate ad alcune vittime che presenterebbero pupille contratte e schiuma alla bocca, segnali evidenti dell’utilizzo di tali armamenti.

Un’affermazione che mette sotto pressione l’amministrazione Obama che aveva già minacciato un intervento nel caso in cui l’esercito di Assad avesse oltrepassato la cosidetta “linea rossa”: l’utilizzo di armi chimiche.

La situazione si è ulteriormente aggravata in seguito alle dichiarazioni di Zahir al-Sakit, ex generale del dipartimento per le armi chimiche dell’esercito regolare siriano che ha affermato come il governo Assad gli abbia ordinato in più occasioni di utilizzare il proprio arsenale per colpire cave e tunnel utilizzati dall’Esercito Libero Siriano. Al-Sakit ha dichiarato di aver però mescolato le sostanze chimiche con dell’acqua e di aver utilizzato acqua di Javel (ipoclorito di sodio) al posto dei componenti chimici richiesti.

A questo punto Obama si trova davanti a una dura scelta in quanto, anche se restio nel trascinare gli Stati Uniti in una guerra siriana, è ben consapevole del fatto che, se le sue minacce di intervento in caso di “superamento della linea rossa” da parte di Assad non fossero seguite da azioni concrete, rischierebbe di perdere credibilità sia in patria che a livello internazionale. Una credibilità già messa pesantemente in discussione dagli ambienti repubblicani in seguito all’uccisione dell’ex ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens, nell’ottobre 2012; Obama fu infatti accusato di non aver risposto in modo sufficientemente duro all’attacco.

L’immagine di un’America debole potrebbe conseguentemente portare Assad a fare maggior uso del proprio arsenale chimico; Hizbullah potrebbe cercare di appropriarsi di alcuni carichi di armi chimiche siriane e l’Iran si sentirebbe libero di proseguire indisturbato lo sviluppo delle proprie centrali nucleari, senza il timore di un intervento occidentale.

Nel frattempo, mentre giungono voci e smentite sul posizionamento di missili patriot in Giordania a ridosso del confine siriano, fonti vicine all’intelligence israeliana affermano che la Russia avrebbe stabilito una postazione militare per il monitoraggio della situazione siriana all’interno della propria ambasciata a Beirut. In aggiunta, nella giornata di sabato, ci sarebbe stato un incontro tra il Ministro degli esteri russo Mikhail Bogdanov e il leader di Hizbullah, Hassan Nasrallah.

Sul fronte europeo la Francia frena: ”Non abbiamo certezze – ha detto poco fa il ministro degli Esteri Fabius – ci sono indizi che sono stati dati dagli inglesi, e anche dagli americani. Noi, stiamo verificando”. ”Non ci sono ancora prove – ha proseguito il ministro – e abbiamo chiesto a Ban Ki-moon di ordinare un’inchiesta”.

Se dovessero dunque venire a galla prove inconfutabili sull’utilizzo di armi chimiche da parte dell’esercito regolare siriano, Obama si troverebbe a dover affrontare anche l’opposizione della Russia a un intervento armato statunitense; i rapporti tra i due Paesi, inoltre, si sono ulteriormente complicati in seguito alle notizie emerse nella giornata di sabato, secondo cui i servizi di sicurezza russi non avrebbero tempestivamente fornito all’FBI informazioni essenziali sui due attentatori della maratona di Boston, i due ceceni Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev, da tempo sotto la sorveglianza di Mosca, assieme alla madre Zubeidat Tsarnaeva.

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