Interpreti afgani in Gran Bretagna, il piano di Cameron dopo il 2014
Domani il premier britannico David Cameron dovrebbe sciogliere le riserve sul futuro di coloro che hanno rischiato la vita accanto all’esercito del Regno Unito dall’inizio del conflitto in Afghanistan. Circa 1.100 cittadini in totale, tra interpreti e collaborazionisti, saranno trasferiti con le proprie famiglie in Inghilterra a partire dal ritiro delle forze Nato nel 2014. Troppi rischi di rappresaglie, nella provincia di Helmand, e la questione sarà oggetto di discussione nel Consiglio di Sicurezza Nazionale.
Tre le ipotesi al vaglio del premier, una delle quali, la più completa, prevede il trasferimento degli interpreti in Gran Bretagna. Una misura molto simile a dei programmi utilizzati dopo il conflitto in Iraq. Altre comprendono una serie di ‘incentivi economici’ per restare in Afghanistan con una eventuale corsia preferenziale in caso di richiesta di asilo politico. Quest’ultima ipotesi fa infuriare gli attivisti, che da tempo sostengono gli interpreti potenzialmente a rischio in questi anni per via della loro collaborazione.
Venti interpreti, infatti, sono morti dal 2001 in poi, cinque sono stati rapiti e assassinati dagli insorti. A decine sono stati feriti. Dagli Stati Uniti, dal Canada, dall’Australia e dalla Nuova Zelanda è stato concesso il diritto di asilo per gli interpreti afgani. I talebani, da tempo, hanno lanciato una ‘fatwa’ contro tutti i collaborazionisti delle forze Nato. Tuttora, gli interpreti sono pagati di più rispetto alla maggior parte degli afgani, circa 1000 euro al mese, ma i soldi non li mettono al riparo da eventuali rappresaglie.
La scorsa settimana, alti funzionari militari britannici hanno speso parole di apertura verso la possibilità di offrire asilo politico nel Regno Unito, definendo l’aiuto un ‘obbligo morale’. In una lettera aperta, l’ex leader dei liberaldemocratici Lord Ashdown e il generale Mike Jackson, capo dell’esercito britannico durante la guerra in Iraq, ha dichiarato che “il lavoro dei militari in Afghanistan sarebbe stato impossibile senza la collaborazione degli interpreti locali, che hanno rischiato la vita facendo sacrifici straordinari”. L’eventuale trasferimento degli interpreti in Gran Bretagna rappresenterebbe un costo non indifferente per le casse dello stato. Cameron è chiamato a prendere una decisione non facile e gravosa, dal punto di vista economico, in un momento di crisi.