Morosini, un anno dopo ancora attesa per i defibrillatori sui campi di calcio
Nonostante l’Italia sia all’avanguardia nella prevenzione delle malattie e dei decessi nello sport, restano ancora alcuni punti oscuri che dovranno essere chiariti nei prossimi mesi. Per esempio, a un anno di distanza da uno degli eventi che ha scosso l’opinione pubblica: la morte sul campo del giocatore Piermario Morosini, la presenza dei defibrillatori sui campi di calcio non è diventata una pratica diffusa. “Aspettiamo che venga applicata la direttiva Balduzzi – ha spiegato Maurizio Casasco, il presidente della Federazione medici sportivi alla Gazzetta dello Sport – per i defibrillatori su tutti i campi: mancano i decreti attuativi”.
Nelle principali 14 novità, contenute nel decreto legge n.158 del 13 settembre 2012 (il famoso “decreto omnibus” per la sanità), si fa riferimento ai certificati per attività sportiva professionistica e dilettantesca. Nello specifico, “a tutela della salute dei cittadini che svolgono un’attività sportiva non agonistica o amatoriale, saranno predisposte linee guida per idonee certificazioni mediche e l’effettuazione di controlli sanitari sui praticanti. In particolare è importante l’impiego, da parte di società sportive professionistiche e dilettantistiche, di defibrillatori semi-automatici e di altri eventuali dispositivi salvavita”.
Dopo il decreto legge, però, non tutte le società si sono adeguate alla direttiva, perché mancano i decreti attuativi. L’Italia ha fatto registrare negli anni passati un’incidenza inferiore di decessi, sul totale degli atleti, rispetto ad altre federazioni sportive. “Il nostro paese è all’avanguardia – ha sottolineato Maurizio Casasco della Federazione medici sportivi –. L’unico che ha una legge di stato: nel 1957 nacque la medicina dello sport. La tragedia che ha colpito Morosini un anno fa ha portato, comunque, una grande sicurezza”.
La prevenzione è uno degli aspetti su cui si basa la sicurezza degli atleti: “Nel mondo – ha precisato Casasco – il rapporto delle morti improvvise è di una su 100-300 mila, in Italia una su un milione, un milione e mezzo. Un rapporto straordinario, siamo antesignani nella legge e, come federazione medico-sportivo, anche nelle linee guida. Lo screening resta fondamentale come processo di prevenzione. Nel calcio professionistico, dal caso di Curi fino a Morosini, non è accaduto più nulla”.