Napolitano avvisa i mercati: "Un governo c'è". Intanto prende tempo con i "saggi"
Tante polemiche per nulla. Forse in molti speravano in un passo indietro del Capo dello Stato, visto il cul de sac in cui si è infilata la politica. Ma guadagnare 15 giorni non sarebbe servito a molto. Soprattutto perché, anche nell’ipotesi improbabile ma non impossibile di un voto a giugno la situazione di ingovernabilità non sarebbe mutata. Non sarebbero mutati i rapporti di forza tra le varie coalizioni, di fatto, lasciando un Senato senza alcuna maggioranza. Quindi, per ora, ben vengano i “saggi” del Presidente.
Napolitano, una vera guida. L’inattività politica dopo quasi 40 giorni dal voto sta iniziando a pesare sui mercati e Napolitano ha così voluto lanciare un messaggio. “Il governo Monti è ancora in carica”, ha così dichiarato al termine delle consultazioni flash nella vigilia di Pasqua. Con l’idea dei “saggi”, serve appunto a dare un doppio segnale: da una parte è un messaggio alla politica affinché si attivi e trovi posizioni di sintesi, dall’altra è un messaggio ai mercati: quest’Italia in preda ad una difficoltà politica non è priva di un governo e di un indirizzo, anche se in questo caso è lo stesso Napolitano – ancor più del novembre 2011 – a tenere le redini del gioco. Alla faccia di chi – come Berlusconi – riteneva quella del Presidente una figura di mera rappresentanza.
Lo spettro dei “tecnici”. I saggi potranno fare ben poco. Lo sanno tutti. Ma le polemiche dei vari partiti sono stucchevoli. Soprattutto di fronte all’incapacità di trovare una quadra: dal MoVimento di Beppe Grillo al Pdl, passando per il Pd e Scelta Civica di Monti. Il fantasma dei tecnici fa paura perché non solo estromette dalla stanza dei bottoni i politici di professione, ma perché limita, come è già successo con il governo Monti, la presenza dei partiti negli enti pubblici e in Rai. Se è pur vero che il governo dei tecnici non ha sempre brillato sul piano politico, è anche vero che gran parte dei fallimenti (dalle liberalizzazioni all’abolizione delle province) del governo Monti sono stati causati dai veti incrociati dei partiti, non tanto incapaci nell’affrontare i problemi del Paese, quanto portatori di interessi eccessivamente eterogenei che non è stato possibile sintetizzare.
Il timore di Bersani: nella palude con Berlusconi. Per questo Pier Luigi Bersani ha evitato finora di cercare una grande coalizione con Berlusconi. Certo, pesa anche la presenza del MoVimento 5 Stelle in Parlamento che attende solo il passo falso di Bersani per gridare all’ “inciucio”. Pesano anche i sondaggi: gli elettori di centro-sinistra non vedrebbero di buon occhio una riproposizione di un governo con Berlusconi, soprattutto se si dovesse trattare di un governo politico. Ma di certo, la possibilità di finire nella palude delle riforme bloccate nuovamente dai veti incrociati del Pd e del Pdl, è una prospettiva che proprio non piace a Bersani, soprattutto se dovesse, come già gli ha chiesto Berlusconi, di metterci la faccia come premier.
Altro tempo buttato. Così, per ora, anche grazie ai niet di Beppe Grillo, comunicati via telefono da una sua villa in Toscana, Monti rimane in carica. Rimane in carica un governo senza fiducia del Parlamento, in attesa che Napolitano trovi il bandolo della matassa. Una matassa intricata che sembra lasciar intravedere solo un governo del Presidente, sulla base programmatica che potrà emergere dai due gruppi di “saggi”. Un governo che potrebbe anche non ottenere la maggioranza ma che abbia un forte indirizzo politico da parte di Napolitano, in attesa di un cambiamento nei rapporti di forza tra i partiti e di una nuova legge elettorale (al momento la più utile appare quella francese con il doppio turno). Poi si potrà tornare al voto, sperando di ritrovarsi con un governo realmente legittimato anche dal voto popolare. Ma a quel punto saranno trascorsi sei-otto mesi che rischiano, visto le divergenze politiche, di essere gettati alle ortiche.
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