Corea del Nord punta missili su basi Usa
Sempre più vicini al baratro. La Corea del Nord prosegue l’escalation di minacce belliche contro l’America, passando quasi in secondo piano il “nemico vicino” di Seul. Dopo i test missilistici e l’esperimento nucleare di febbraio, PyongYang allerta tutta l’artiglieria contro le basi militari Usa dell’intero Pacifico. Il grilletto è già tirato per metà. Pechino non riesce a controllare Kim Jong-Un o vuole la guerra?
L’escalation. Il 12 febbraio scorso PyongYang ha “condotto con successo” il terzo esperimento nucleare “noto”, facendo esplodere un ordigno da circa 10 chilotoni (Hiroshima ne vide uno da 15 chilotoni). Si tratta di una risposta alle nuove sanzioni dell’Onu contro la Corea del Nord, votate a fine gennaio dall’America ma anche dalla Cina: Pechino infatti ha premuto più volte su PyongYang per “calmare le acque”. Invano, se ieri il giovane leader Kim Jong- Un ha ordinato lo stato d’allerta a tutte le basi di artiglieria, missilistica e non, indicando gli obiettivi primari: le basi Usa in Giappone (Misawa, Yokosuka e Okinawa), nelle Hawaii, a Guam e in Corea del Sud.
Reazioni. Washinton, in reazione alla minaccia, ha inviato in Corea del Sud i caccia B-2, capaci di trasportare testate nucleari, per un mese di esercitazioni congiunte con Seul. Ma Obama non ha nessuna voglia di lasciarsi trascinare in una costosa guerra – peraltro inutile. La stessa neo-presidente della Corea del Sud, Park Guen Hye, ha risposto alle minacce con un’apertura, in nome della “fiducia reciproca”. Pechino vorrebbe calmare gli animi: dover sovvenzionare la guerra non la esalta, soprattutto se questo significa avere migliaia di navi, aerei e militari americani nella propria “piscina privata”. Ma potrebbe anche voler costringere Washington su un nuovo fronte bellico.
Perché? L’escalation di PyongYang sembra folle, un bluff suicida. Per anni ha ottenuto aiuti da Cina e America per mettere da parte le armi: ora la crisi economica e sociale interna potrebbe spingerla al conflitto armato. Non è scontato, però. Il 15 aprile ricorrerà il 101esimo anniversario della nascita di Kim Il-Sung, padre fondatore della Corea comunista e della dinastia Kim: il nipote, per rafforzare la sua leadership in una cerchia di vecchi gerarchi militari, cavalcherà la ricorrenza con minacce e (forse) conquiste diplomatiche. Ma è teoria. Per il momento, ai due lati della striscia demilitarizzata si puntano i cannoni e il rischio di incidenti “di confine” (come nel 2010 l’affondamento di una nave sudcoreana per presunto superamento delle acque territoriali comuniste) sale alle stelle.
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