Carcere per gli obiettori in Israele, la storia di Natan Blanc
La procedura è sempre la stessa. Alle 9 del martedì mattina, in una base militare vicino a Tel Aviv, il 19enne israeliano riferirà alle autorità il suo rifiuto ad essere impiegato nell’esercito. Da lì scatterà l’arresto e una condanna tra i 10 e i 20 giorni di carcere. Il braccio penitenziario è sempre la stesso, il numero 6. Tutto ciò prima della sua liberazione, poi ricomincerà l’iter di incarcerazione. Per l’ottava volta Natan Blanc sarà arrestato e, in totale, il ragazzo ha scontato più di 100 giorni di carcere in 19 settimane. La scelta di non arruolarsi nell’esercito sta costando molto a Blanc, in termini di libertà personale. “E’ stata una decisione molto difficile – ha detto il giovane al Guardian –, ho impiegato diverso tempo a ponderarla e valutarla”.
Il punto di svolta è stata l’ “Operazione Piombo Fuso”, un intervento israeliano a Gaza contro Hamas, iniziato alla fine del 2008 e terminato tre settimane dopo. Il totale dei palestinesi rimasti uccisi nel conflitto fu di 1400. “L’ondata di militarismo aggressivo – ha spiegato Blanc – che ha travolto il paese, le espressioni di odio reciproco e il discorso vacuo circa l’annientamento del terrorismo sono stati determinanti nel mio rifiuto”. La gran parte dei giovani israeliani cresce nella convinzione che il servizio militare sia obbligatori, tre anni per i maschi e due per le ragazze, da adempiere al termine del liceo. “La chiamata alle armi” è profondamente radicata nella società israeliana, un’esperienza collettiva di identità nazionale.
La legge del servizio di difesa viene applicata a tutti i cittadini di Israele, sia residente in patria o all’estero. L’obbligo di servizio è rivolto a ogni persona idonea al servizio, tra l’età di 18 e 29 anni. Chi ha oltrepassato l’età, non adempiendo all’obbligo di servizio nel tempo prescritto dalla legge, è dichiarato trasgressore. E’ raro, in Israele, che un dovere patriottico sia vissuto come dilemma morale, soprattutto per i ragazzi. Chi si è rifiutato di assolvere il servizio militare per motivo di coscienza rappresenta un numero esiguo. Nel mese di novembre 2012, Blanc è stato l’unico obiettore dichiarato tra i 300-400 detenuti nel braccio penitenziario numero 6.
La vita in carcere non è semplice: sveglia e appello alle 5 del mattino. Lavoro per otto ore al giorno in cucina. I detenuti indossano uniformi militari in eccedenza degli Stati Uniti, è possibile effettuare una chiamata dal telefono pubblico, ma è vietato usare i telefoni cellulari privati. In carcere c’è una biblioteca, ma non una palestra. “Lo scenario peggiore – ha spiegato Blanc – è che sia condannato a un anno di prigione da un tribunale militare. Quello migliore è che mi consentano di fare il servizio militare”. Blanc si batte per quella che considera una lotta in difesa dei principi, ma nel futuro vorrebbe studiare scienze o tecnologia all’Università.
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