Siria, "Silenzio, si muore" - Diritto di critica
“Silenzio, si muore!”. È questo il titolo di un bel progetto sulla Siria del giornalista Rai de La Storia Siamo Noi, Amedeo Ricucci. Un progetto coraggioso che, come spiega sul suo blog, non sarà solo un web-doc e un reportage televisivo ma sarà anche una open community dove ognuno potrà dare il proprio contributo.
“Dal 1° al 15 aprile – spiega Ricucci sul suo blog – sarò di nuovo in Siria, a decidere questa volta il mio percorso di viaggio, le notizie da seguire e le storie da raccontare, sarà un gruppo di studenti di San Lazzaro di Savena, collegati costantemente con me via Skype. E’ un gruppo che ha già avuto modo di seguire il lavoro che noi di “La Storia siamo noi” abbiamo fatto nei mesi scorsi ad Aleppo con“Siria 2.0″ e sono ragazzi magnifici, da cui mi farò guidare con piacere, certo che i loro consigli, dubbi ed emozioni possano essermi altrettanto utili di quelli che può darmi un collega o il mio direttore”.
Amedeo Ricucci mette in evidenza la drammatica realtà siriana che purtroppo sembra restare nel buio dell’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale e delle cancellerie occidentali. Stigmatizza l’incapacità da parte del giornalismo nostrano di raccontare, di informare in modo adeguato e di rendere il pubblico partecipe. Sono numerosi i giornalisti e i fotografi che sono andati in Siria per documentare la guerra, alcuni sono stati feriti, altri uccisi, come accaduto recentemente ad Olivier Voisin; altri ancora scomparsi. Colleghi che hanno provato, hanno rischiato la vita in mezzo alle bombe.
Ma è veramente così lontana la “guerra siriana”? Quello che forse involontariamente sfugge all’opinione pubblica è che la guerra in atto in Siria non è una “guerra siriana”. Il campo di battaglia è quello, ma gli attori in gioco vanno ben al di là del contesto locale. Il Medio Oriente sta cambiando, è ormai da tempo in corso una delicata fase di transizione. In Siria diversi “attori” si stanno contendendo un territorio di importanza politico-strategica fondamentale attraverso un “risiko” che a fine partita muterà drasticamente gli equilibri dell’area mediorientale e con le relative ripercussioni a livello internazionale.
In primis è fondamentale tenere presente che la Siria di Assad è l’unico “satellite” russo rimasto in Medio Oriente; un’ alleanza dal valore inestimabile per Mosca, sia da un punto di vista militare e strategico che commerciale. Solo nel 2011 l’industria militare russa ha esportato in Siria un quantitativo di armi del valore di circa un miliardo di dollari. Il regime dipende inoltre da Mosca per quanto riguarda il petrolio, il grano e l’equipaggiamento elettronico. La Russia ha poi la possibilità di sfruttare pienamente il porto di Tartous, unico suo sbocco sul Mediterraneo. La Siria è inoltre parte fondamentale di quell’ “asse sciita” che si estende dall’Iran, passa per il “nuovo Iraq” di Maliki, fino a raggiungere Hizbullah in Libano. Assad è un solido alleato del regime di Teheran e un ponte indispensabile per permettere all’Iran di raggiungere il Mediterraneo. Non è un caso che la presenza militare iraniana a Damasco è da tempo consolidata attraverso le Guardie della Rivoluzione, numerosi tecnici e alti dirigenti militari.
Sia la Russia che l’Iran fornirebbero inoltre consistenti aiuti militari ed economici al regime. È di pochi giorni fa la notizia che un ex pilota siriano di aerei cargo fuggito dal paese ha raccontato al Sunday Telegraph di aver volato in Russia e in Iran circa due o tre volte al mese per raccogliere grosse somme di denaro da trasportare a Damasco. Nel mese di agosto 2012 i voli sarebbero stati addirittura un quindicina. Una volta atterrati a Damasco i soldi (euro, dollari e valuta siriana) venivano raccolti da auto protette appartenenti alla banca siriana.
Ci sono poi gli interessi di Israele: lo stato ebraico teme infatti una deriva di tipo islamista che possa mettere a repentaglio la propria sicurezza. Ci sono le armi chimiche che potrebbero finire nelle mani di fazioni jihadiste filo-al Qaeda o in quelle di Hizbullah. Vi è inoltre la preoccupazione del dopo Assad e di un potenziale nuovo governo ostile nei confronti dello Stato ebraico; non è un caso che alcune fonti parlano di negoziati in corso con alcuni leader dell’opposizione siriana che sarebbero pronti a riconoscere la sovranità di Israele; esponenti che non godrebbero però della necessaria rappresentatività all’interno dello schieramento di opposizione.
La Turchia dal canto suo, schieratasi a favore dell’opposizione siriana, ha fatto posizionare missili patriot e truppe al confine con la Siria temendo un’escalation sul proprio territorio. Migliaia di profughi sono già giunti da tempo in territorio turco e ci sono anche stati scambi di colpi di artiglieria tra i due eserciti. Ankara teme il caos oltre confine ma non si azzarda a inviare truppe in quanto ben consapevole della pericolosità del “pantano” siriano.
Gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse a far cadere Assad togliendo alla Russia il suo ultimo alleato della zona e spezzando così l’”asse sciita”, indebolendo e isolando l’Iran e magari costringendolo a scendere a patti sulla questione nucleare. Non è un caso che Obama la scorsa settimana è corso in Medio Oriente e ha chiesto al premier israeliano Bibi Netaniyahu di scusarsi pubblicamente con la Turchia per l’assalto alla Freedom Flotilla che nel 2010 provocò la morte di 9 persone di cui 8 turchi. Un passo indispensabile per riallacciare una vecchia alleanza ora più che mai indispensabile. Inoltre, secondo alcune fonti, l’intelligence americana da una parte si occuperebbe di armare e addestrare le milizie dell’opposizione siriana e dall’altra starebbe cercando di isolare e neutralizzare le fazioni jihadiste come al-Nousra, nel timore che possano cercare di “dirottare” la rivoluzione siriana verso posizioni radicali di stampo religioso.
Una situazione tristemente chiara, evidente, che fa ben capire i motivi per cui la documentazione delle atrocità, delle violazioni dei diritti umani, la macabra conta dei morti, siano tutti elementi che passano in secondo piano rispetto agli interessi economici, politici e strategici internazionali. Ci sono però persone che ci credono e non si arrendono, persone come Amedeo Ricucci, che sarà in Siria dall’1 al 15 aprile. In bocca al lupo.
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