L'India guarda al futuro, ecco l'auto elettrica per tutti - Diritto di critica
La sfida alla Cina per le auto del futuro è lanciata. Nasce in India la prima utilitaria a quattro posti interamente elettrica, alimentata a batterie a litio e all’occorrenza anche ricaricabile con la sola energia solare. Si chiama Mahindra “e2o”, dell’azienda indiana M&M, uno dei colossi industriali del Paese, costa 11 mila dollari e ha un’autonomia di cento chilometri a ricarica. Il suo debutto è importante per l’India perché l’altro gigante asiatico, la Cina, sta fagocitando il mercato delle auto ecologiche e punta a diventare la potenza numero uno al mondo. Come fare di necessità virtù, direbbe qualcuno: Pechino e Nuova Delhi sono soffocate da inquinamento e traffico, inevitabili quando si incontrano sviluppo e una popolazione immensa, tanto che anche il governo indiano, come ha già fatto quello cinese, punta su incentivi e piani (da 4 miliardi di dollari) per diffondere le auto ad energia pulita. «La “e2o” rappresenta la nostra visione della mobilità del futuro – ha spiegato ai media il Presidente della M&M, Anand Mahindra – abbiamo bisogno di energia pulita, l’India è ad un punto di svolta per quanto riguarda ambiente e traffico». La nuova Mahindra ad emissioni zero potrà essere ricaricata facilmente grazie ad una rete che l’azienda conta di creare in tutto il Paese, e sarà dotata di 10 computer che ne controlleranno le funzioni centrali. Allo stabilimento di Bangalore, nel sud del continente, hanno fatto le cose in grande. Previste 30 mila vetture ogni anno, e dotazioni tecnologiche e di connessione web di primo livello, come recita lo spot delle “5 C” che martella su radio e tv indiane: «Clean, Convenient, Connected, Clever and Cost Effective», ovvero un’auto pulita, economica, connessa, intelligente e con costi ottimizzati. E soprattutto, la sfida delle sfide: debuttare in futuro sul difficile e già saturo mercato cinese.
Il Paese del dragone sarà quindi l’antagonista principale per l’India, in una competizione “eco-friendly” dalla quale Usa ed Europa sembrano per ora tagliate fuori. Nonostante una ricerca norvegese abbia, poche settimane fa, stabilito che in Cina ed India (rispetto ad altri Paesi virtuosi come Paraguay, Islanda, Svezia, Brasile e Francia) le auto elettriche inquinerebbero comunque in una certa percentuale, i progetti dei due giganti asiatici vanno avanti a suon di numeri ed investimenti.
La Cina possiede già la flotta di taxi elettrici più grande del mondo, nella città di Shenzhen, e prevede di vendere circa 5 milioni di auto ibride o elettriche da qui al 2020, mezzo milione solo nei prossimi due anni. Una cifra impressionante, da raggiungere attraverso un sistema capillarmente organizzato di incentivi, punti di ricarica, riciclo delle batterie esauste e progetti pilota nelle grandi metropoli.
E che dire dell’Europa? Al di là di regioni più attente all’ecologia, come la Scandinavia per esempio, le volontà di sviluppare auto ibride (quelle puramente elettriche rimangono per ora prototipi ai Saloni internazionali o alla portata di poche tasche) non corrispondono a dati reali o concretamente ipotizzabili. Greenpeace ha fatto sapere che da qui al 2025, per diminuire realmente le emissioni di Co2 nell’atmosfera, la metà delle auto vendute nel vecchio continente dovrebbe essere ibrida, o in alternativa almeno il 7 per cento del totale interamente elettrico e il 22 per cento ibrido. Peccato però che la realtà non ci renda ottimisti: sulle strade europee circola solo un misero 1 per cento di auto ibride, poche migliaia invece le vetture elettriche. In piccolo, l’Italia ha venduto nel 2012 appena 508 auto elettriche e 6 mila ibride.