L'incertezza politica italiana che spaventa spread ed Europa - Diritto di critica
L’ANALISI – L’Europa teme il momento di grande incertezza che sta attraversando l’Italia e avverte: chi proseguirà sulla strada delle riforme importanti sarà premiato. Monti, all’ultimo impegno europeo da Presidente del Consiglio, ha detto di essere sicuro che le soluzioni in Italia diano seguito, magari con modalità e stili nuovi, al cammino intrapreso. Ma si è raccomandato che anche l’Europa prenda atto della critica che gli arriva da più parti. Certo, neanche il nuovo pontefice aiuta in questo senso. Papa Francesco sembra andare in controtendenza rispetto ad una realtà finanziaria sempre più pervasiva.
Eppure, sul fatto che l’Unione europea possa fare degli sconti non c’è da farsi troppe illusioni. Che Beppe Grillo – su un giornale tedesco – abbia parlato di un’Italia fuori dalla moneta unica non è piaciuto, anche se i mercati al non sembrano risentirne molto. Anzi, ieri la Borsa di Milano è stata la migliore d’Europa, molto bene ENI e Generali salita a +9,35% dopo la chiusura del bilancio.
Ma l’altalena giornaliera di apprezzamenti e ribassi interessa poco. Interessa il lungo periodo, l’ipotesi che si possa riaccendere la crisi del debito in violazione degli accordi mette molta paura agli stati del Nord. La caduta di Mario Monti apre un vuoto nei rapporti con l’establishment europeo. Le posizioni legate al rigore hanno raggiunto il limite massimo di sopportazione. Sono sempre di più e ad ogni livello coloro che cominciano a pensare sia ora di invertire o quantomeno correggere la rotta. Non che nelle istituzioni Ue il messaggio non sia giunto. Un chiaro sintomo ne è anche la proposta – arrivata dopo l’accordo ricevuto in Europa per inserire un limite ai banchieri – di introdurre un tetto ai super bonus, misura già adottata in Svizzera.
Da noi il richiamo di Giorgio Napolitano a pagare urgentemente i crediti alle imprese ha avuto il suo risalto. Ma c’è da dire che difficilmente l’Italia potrà applicare la strada praticata dal governo Rajoy in Spagna, dove la situazione già abbastanza drammatica è stata resa leggermente meno asfissiante aumentando il debito, salito di 14 punti. Un’impennata che è servita anche a pagare le aziende. In due anni i debiti dell’amministrazione spagnola sono stati dimezzati. La Spagna lo ha fatto con aste del debito pubblico e avendo un deficit nel 2012 vicino al 7%.
Ma, intanto, lo spread fra Bund tedesco e il nostro Btp sale e si avvicina al differenziale tra titolo tedesco a 10 anni e Bonos spagnolo, mentre fino alle elezioni eravamo ad 80 punti di distanza, adesso siamo a 20 e due giorni fa eravamo a dieci. Specie dopo il declassamento dell’agenzia di rating Fitch, il rischio per noi e per la Spagna è molto simile. E le nostre aste vedono aumentare di nuovo anche gli interessi, sui titoli a dieci anni saliti sopra il 4,6%. Come ha scritto ai 27 capi di governo riuniti a Bruxelles, Hermann Van Rompouy, il presidente del consiglio europeo: l’unica cosa certa è che “la ripresa sarà lenta e fragile”. Parole che non suonano affatto nuove per nessuno. Peccato solo che non si riferiscano più al 2013. L’incertezza su come andare avanti è tale, che i dati sulla fuoriuscita dalla crisi non vuole darli più nessuno. In sintesi, quando arriva la ripresa non lo sa nessuno.