Unicef, ''in Siria 2 milioni di bambini perduti''
Scritto per noi da Francesco Rossi
Una generazione perduta. “Milioni di bambini in Siria sono testimoni della scomparsa del loro passato e del loro futuro”, parola di Anthony Lake, direttore dell’Unicef. Il rapporto del Fondo ONU per l’Infanzia appena pubblicato, “Bambini siriani: una generazione perduta?”, denuncia la grave situazione dei minori coinvolti nel conflitto medio-orientale.
Oltre 2 milioni di bambini colpiti dalla guerra civile: 1,8 milioni si trovano ancora in Siria, altri 500mila sono fuggiti e vivono in campi profughi (soprattutto in Giordania e Libano, ma anche in Turchia, Iraq ed Egitto). In un paese dove 90mila persone sono morte e 3 milioni di edifici andati distrutti, migliaia di under 18 hanno perso casa, genitori, punti di riferimento. Un quadro allarmante confermato dai dati – purtroppo similari – raccolti dall’organizzazione non governativa Save the Children nel nuovo rapporto.
Senza diritti. Le violazioni dei diritti umani ai danni dei minori sono all’ordine del giorno, l’elenco è tristemente completo. Il caos alimenta la violenza: i minori sono alla mercé di criminali e combattenti, spesso vittime di abusi sessuali (impossibili da quantificare vista la reticenza alla denuncia, per vergogna o paura). Un capitolo a parte è quello dei matrimoni forzati, tornati a moltiplicarsi: per molte famiglia obbligare le figlie, spesso molto piccole, a sposarsi è un modo per liberarsi di una bocca da sfamare. C’è poi chi viene costretto ad arruolarsi, per essere impiegato come sentinella, informatore o soldato; e chi viene arbitrariamente arrestato, detenuto e torturato. Per non parlare di chi rimane ucciso.
Senza cibo, acqua e medicine. Come in tutte le guerre, anche in Siria a mordere sono la mancanza di cibo, acqua, medicinali. La situazione più critica è quella delle risorse idriche: l’acqua potabile disponibile è un terzo di quella pre-conflitto. Questo significa impossibilità di garantire condizioni igieniche accettabili. Alimentazione scarsa, poca acqua da bere, igiene insufficiente, si traducono in un’esplosione delle malattie infettive, dermatologiche e respiratorie. I massicci piani di vaccinazioni, messi in campo dalle tante organizzazioni umanitarie presenti sul territorio, sono importanti ma non sufficienti, ed il rischio di epidemie è sempre in agguato.
Senza istruzione. Ai danni “attuali” si sommano quelli “potenziali”. C’era una volta il sistema d’istruzione siriano, fiore all’occhiello del paese, con un tasso di frequenza oltre il 90% (il più alto del medio-oriente). Oggi non c’è più: circa 4000 scuole sono andate perse (2500 distrutte, 1500 usate come rifugi), il personale è decimato, il tasso di abbandono si è impennato. Nelle zone più colpite i bambini non vanno a scuola ormai da 2 anni; nelle aree con più alto afflusso di profughi le classi possono avere oltre 100 alunni. Pensare che l’istruzione, in tempo di guerra, sia l’ultimo dei problemi è un errore. Il rischio è che un’intera generazione, a cui è stato tolto un presente sereno, venga anche privata della possibilità e della capacità di costruirsi un futuro migliore.
Senza attenzione. Davanti a questa tragica foto, il resto del mondo dovrebbe prendersi le sue responsabilità. Che sono essenzialmente legate al “silenzio”. In Italia ne sappiamo qualcosa: stretti tra l’instabilità politica e l’elezione del nuovo Papa, i media si sono dimenticati della Siria e dei siriani. I riflettori si sono affievoliti, come se il peggio fosse passato. Il peggio, invece, è ancora tutto lì e richiede attenzione. Secondo l’Unicef, ad esempio, per aiutare la Siria fino a giugno del 2013 servono 200 milioni di dollari, ad oggi, tra donatori privati ed istituzionali, ne sono arrivati appena il 20%.
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