In Italia è allarme povertà, boom di giovani disoccupati e famiglie indebitate
Mentre la politica e i suoi protagonisti, vecchi e nuovi, continuano a litigare per provare a mettere in piedi qualcosa che assomigli ad un governo, c’è un fenomeno, l’impoverimento delle classi medio-basse, che silenzioso ed avulso più che mai da partiti e Parlamento sta continuando la sua discesa verso il baratro, come la famosa pallina fatta scivolare su di un piano inclinato che non si riesce a fermare. E qui poco contano gli inciuci presunti o ventilati tra leader politici, le proprietà in Costarica o i legittimi impedimenti per congiuntivite, uveite o quel che sia. L’Istat ha diffuso, assieme al Cnel, l’ultimo rapporto sul “Benessere equo e sostenibile” delle famiglie italiane relativo all’anno 2012, e i dati fanno rabbrividire. Per gli italiani il temibile indicatore “grave deprivazione” è schizzato all’11 per cento. Quasi sette milioni di persone sono in difficoltà economiche, 2,5 milioni in più rispetto al 2011. Sette milioni. E se togliamo bambini, poveri “abituali”, pensionati agiati e i membri della cosiddetta “casta” capite che non è un numero da niente, anzi. Le famiglie soffocate dai debiti e i giovani che non riescono a trovare lavoro sono sempre di più, e sempre più vicini alla situazione che troviamo in Spagna.
L’obbligo di rendersi conto «Questo rapporto sul benessere degli italiani – spiega il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini – è un’opportunità per la nostra società per discutere quale futuro vogliamo costruire, è un punto di partenza per realizzare un cambiamento culturale, sperando che il benessere di questa e delle generazioni future possa migliorare in concreto».
I numeri Come al solito sono i nuclei familiari a costituire un’istantanea lampante di come la vita sia diventata cara e difficile da affrontare. Il potere d’acquisto dei beni è diminuito del 5 per cento negli ultimi quattro anni, provocando per effetto domino il ricorso al patrimonio risparmiato o a sostegni economici provenienti da amici, parenti o finanziarie: oltre il 18 per cento delle famiglie italiane nel 2011 hanno chiesto aiuti in denaro, e nel 2012 la percentuale di quelle indebitate è salita dal 2,3 al 6,5 per cento. La forbice tra il 20 per cento di coloro che detengono la maggiore ricchezza d’Italia e quelli che si stanno impoverendo è sempre più larga, un divario che molti Paesi dell’area mediterranea stanno registrando con il persistere della crisi economica. Lo spettro della povertà colpisce soprattutto al centro-sud, dove solo il 47 per cento della popolazione è attualmente occupato. È il lavoro la nota più dolente, sia per chi ha perso un impiego sia per chi, specialmente giovani e donne, non riesce a trovarlo.
I giovani senza futuro Hanno perso la fiducia e molti di loro (quasi il 22 per cento, dice l’Istat) non studiano né cercano più un posto. Sono i cosiddetti “Neet” (Not in Education, Employment or Training), ragazzi tra i 15 e i 29 anni (in maggioranza donne del Meridione) scoraggiati dal sistema Italia e sempre più fragili anche dal punto di vista psicologico. Basti pensare che l’8,8 per cento di loro è laureato, e non può quindi sperare nemmeno in un livello più alto di formazione. Il fenomeno Neet, evidenziato dal 2009, anno dell’inizio della crisi, è andato progressivamente aumentando. Dopo la Spagna, è l’Italia il Paese europeo che esclude di più i giovani dal mondo del lavoro: solo il 33,8 per cento dei ragazzi tra i 20 e i 25 anni ha un’occupazione, in generale lavorano appena tre giovani su dieci. Come stupirsi poi se la fiducia nelle istituzioni e nella politica è ai minimi storici?