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Diritto di critica | November 5, 2024

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L’euro uber alles, ma il rigore a tutti i costi ha sempre più nemici, anche in Germania

L'euroUltimamente forse ci siamo un po’ scordati dell’Europa, ma l’Europa non si è scordata di noi. Avanza, allargandosi, il fossato che separa coloro che sono i depositari del rigore – Germania in testa – e gli altri. Gli stati del sud che iniziano a pensare di rivedere l’insieme delle politiche attuate finora, anche sotto il vento di una protesta montante entro i confini nazionali.

I timori dei paesi del nord. Il nord Europa si sente minacciato dalla crisi di Cipro che, dopo Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda, è il quinto Paese a chiedere aiuto alla Ue. Ma teme anche le burrasche sempre possibili in economie assediate dall’incubo del debito, prima fra tutte la nostra, soprattutto adesso che il sistema politico è impantanato in uno stallo di difficile soluzione.

La Germania, guardiana degli “spendaccioni”. La Germania si prepara ad arroccarsi in difesa contro la minaccia degli Stati spendaccioni e poco affidabili nel rispettare gli impegni. Lo abbiamo visto nei giorni scorsi cosa pensano di noi i socialdemocratici tedeschi: un Paese dove vincono i clown. La Spd che, in precedenza, aveva spesso criticato la linea troppo intransigente della cancelliera, adesso è intenzionata ad interpretare la figura del guardiano severo degli Stati mediterranei. Un atteggiamento di tutela verso i propri cittadini che spingerà la Merkel ad inseguire i socialdemocratici e produrrà un nuovo irrigidimento verso chi non adempie agli impegni.

L’Europa ci guarda. La voglia di cambiamento che si respira in Italia, quindi, troverà la strada sbarrata. Anche per questo Monti ha convocato Bersani, Berlusconi e Grillo in procinto del prossimo delicatissimo vertice Ue. Le parole del capo del M5S sul referendum sull’euro, rilasciate al settimanale tedesco Focus, hanno fatto drizzare le antenne della Germania. Basta ricordare a come fu costretto a dimettersi il premier greco Papandreou non appena avanzò l’idea del referendum, per comprendere come sia sufficiente accennare a questa ipotesi per innescare una serie di reazioni a catena tali da rianimare il fuoco che cova sotto la cenere di una crisi mai finita. E, sebbene, nell’Italia del dopo elezioni – specie dopo il tonfo di Monti, l’affermazione di Grillo e, in parte, di Berlusconi –, di sacrifici e responsabilità si parli sempre meno, una parte d’Europa tornerà presto a ricordarcene, anche e nonostante che in molti non ne vogliano più sentir parlare e, a dire il vero, non solo da noi.

Le proteste crescenti. L’Europa mediterranea, infatti, è sferzata da proteste sempre più forti. In Grecia, Syriza, il partito d’estrema sinistra, sebbene dichiari di non voler uscire dall’euro, è tornato a paventare il ricorso alla piazza come strumento di pressione sul governo, soprattutto se non cambierà qualcosa rispetto alla disoccupazione e all’annunciato taglio di altri 25 mila posti di lavoro nel pubblico – entro il 2015 dovranno essere 150 mila – richiesto dalla Troika (Bce, Fmi, e commissione Ue) come contropartita per la concessione di una terza tranche d’aiuti.

I grillini portoghesi. Ma il caso più vicino a quello italiano e all’esempio del Movimento 5 Stelle è in Portogallo. A Lisbona centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza contro la crisi e le misure imposte dal governo di centrodestra di Passos Coelho. A colpire è che l’imponente manifestazione non è stata organizzata dai partiti o dai sindacati, ma direttamente dalla rete e in particolare dal gruppo denominato – letterlalmente – “Che la Troika si fotta”. Gentile omaggio alle organizzazioni economiche e internazionali che devono analizzare conti e andamento del paese lusitano.

“Solo Monti”. Nel Nord Europa, però, le ipotesi di politiche alternative al “montismo”, per rilanciare l’economia ed avviare la ripresa, sono viste come chiacchiere. Parole pericolose di Paesi abituati ad essere altamente inaffidabili e a dimenticare troppo in fretta i problemi e gli impegni presi, per propagandare strade alternative che, visti i debiti e i margini di intervento ridotti al lumicino, non esistono.

I vantaggi (per i tedeschi) dell’euro. La Germania – che nel corso del drammatico 2012 è riuscita a crescere dello 0,9% (il nostro Pil ha registrato un -2,4%) ed è l’unico paese europeo che ha avuto un sia pur minimo avanzo di bilancio – teme la crisi politica italiana, i tempi lunghi e la possibilità di nuove elezioni ravvicinate, magari giocate all’insegna dell’antieuropeismo e dimenticando gli impegni presi. C’è da dire che i tedeschi non sono i difensori della moneta unica per caso. A loro l’euro ha portato una capacità d’esportazione mai avuta col marco pesante, mentre ad altri, tipo l’Italia, quella stessa capacità è stata tolta, assieme alla “liretta nazionale”.

Gli anti-euro germanici. La situazione, però, si va complicando. Infatti, paradossalmente, proprio in Germania si sta affacciando un pensiero che va in direzione opposta rispetto alla difesa dell’unione monetaria. Sta per nascere “Alternativa per la Germania”, un partito composto da ex politici della Cdu, ma soprattutto da economisti, imprenditori, manager e industriali, fra cui anche l’ex numero uno della Confindustria tedesca, Hans Olaf Helkel, che – oltre a voler limitare la libera circolazione delle persone, resa possibile dal trattato di Schengen, perché preoccupati dall’arrivo in massa di romeni e bulgari nei confini tedeschi – ritengono giunto il momento di abbandonare la difesa dell’euro così com’è. Per due motivi: il timore del contagio e ancor più il ruolo sempre più preponderante che il Paese dovrebbe ricoprire nel ricucire gli strappi inevitabili di una coperta sempre troppo corta e tirata da ogni lato.

I compromessi che non convengono (a loro). Il loro pensiero è chiaro, se restiamo da soli a difendere la moneta unica alla fine saremo costretti a scendere a compromessi tali che non converrà nemmeno a noi. Tanto vale restituire agli Stati la sovranità ceduta e ritornare alle monete nazionali e al potere delle banche centrali, piuttosto che ritrovarsi con una pistola costantemente puntata alla tempia, messi sotto scacco da chi farà della propria debolezza un punto di forza. Tutt’al più, allora, meglio una diversificazione fra due o più tipi di moneta – un euro A e uno B, ad esempio – che tengano conto della diversa consistenza economica degli Stati  membri dell’eurozona.

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