Crisi di liquidità? La moneta complementare salverà le aziende
Le banche non prestano soldi. Lo Stato paga in ritardo. La situazione economica difficile ha creato una crisi di liquidità che non solo interessa i privati che vogliono accendere un mutuo o semplicemente chiedere un prestito. Anche – e soprattutto – le aziende hanno difficoltà di accesso al credito, mentre tutte le società che direttamente o indirettamente ruotano intorno all’indotto generato dallo Stato, hanno ritardi nei pagamenti di addirittura un anno. Tutto ciò ingenera un effetto a catena che sta mettendo in ginocchio moltissime aziende e gli stessi lavoratori oggi rischiano il posto.
La moneta complementare. Ma se i soldi mancano, un’alternativa alla cassa integrazione, ai licenziamenti e alla chiusura esiste. Si chiama moneta complementare. Si tratta di una moneta virtuale che permette lo scambio di beni e servizi tra aziende iscritte ad un determinato circuito. Tecnicamente si definisce “sistema di compensazione multilaterale”, un vero e proprio baratto “differito”. L’azienda A mette a disposizione sul circuito beni e servizi in compensazione. L’azienda B decide di acquistarli in compensazione, senza spendere denaro. Così, l’azienda A acquista un credito che può spendere anche dopo mesi se è interessata ad acquistare beni e servizi dall’azienda C.
Una realtà nazionale. Ovviamente questo sistema di moneta complementare funziona bene se esiste un’azienda terza che si occupa della certificazione dei crediti e verifica la solvibilità di ogni società del circuito. Uno dei principali circuiti è il BexB (Business exchange Business), nato a Brescia e oggi diffuso su tutta l’Italia. La BexB opera a tasso zero, ma guadagna su ogni transazione andata a buon fine (tra l’1% e il 10% in base ai beni o servizi erogati). La loro moneta complementare è stata ed è utilizzata in Emilia per aiutare le aziende colpite dal sisma dello scorso anno.
Realtà locali: dalla Sardegna all’Emilia. Ma, oltre a BexB, esistono altre realtà locali di “moneta complementare”. L’esempio di maggior successo è quello della Sardex, in Sardegna. Questa avventura, in una terra economicamente difficile come quella sarda, nasce nel 2006 dall’idea di quattro ragazzi del posto che, pur non avendo studiato i principi delle economia finanziaria, da autodidatti hanno appreso il funzionamento delle monete complementari nel mondo e hanno deciso di mettere in piedi una società che si occupa appunto di svolgere un ruolo di tramite tra le varie aziende locali. Attualmente il valore “circolante” del Sardex è di circa un milione di euro, racchiuso in un server non lontano da Cagliari. Ad ogni azienda aderente viene dato un importo virtuale pari ai beni e servizi che sono disposti ad “immettere” nel circuito. Dopo aver scambiato i prodotti attraverso la compensazione, al termine dei 12 mesi nessuna azienda deve avere più crediti o debiti. Se un’azienda è in difficoltà può ricevere aiuti dalle altre, oppure saldare la differenza in euro. Presto un sistema simile sarà introdotto anche in Emilia Romagna con il nome di “Emiro”.
La soluzione alla crisi? In Italia oggi sono circa 2.500 aziende che usano il baratto/compensazione come forma di pagamento. Un giro d’affari che vale 70 milioni di euro che certamente potrà crescere ed espandersi e rappresentare, chissà, una delle chiavi di volta del percorso per uscire dalla crisi.
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