Proseguono gli scontri tra sciiti e sunniti in Iraq. Frutto della crisi economica
Una serie di attentati hanno colpito diversi quartieri sciiti di Baghdad nella giornata di domenica con un bilancio di 21 morti e 125 feriti. Ancora nessuna rivendicazione ma i sospetti delle autorità sono rivolti verso gruppi estremisti sunniti legati ad al-Qaeda.
Gli attentati. Le esplosioni, precisamente sei autobombe e tre ordigni telecomandati posti al lato della strada, hanno colpito i quartieri di Habibiya, Qahira, al-Amin, al-Husseiniya, Kamaliya; tre di questi attacchi hanno colpito Ourfally, Kiyara e Falah street a Sadr city. Gli attentatori hanno preso di mira principalmente gli affollatissimi mercati.
Gli scontri tra sunniti e sciiti proseguono. Nonostante gli analisti riscontrino una drastica diminuzione degli episodi di violenza nel paese, che hanno raggiunto il picco tra il 2005 e il 2007, in Iraq si continua a morire e le autorità irachene parlano di 177 morti soltanto nello scorso mese. Gli scontri tra sunniti e sciiti vanno ormai avanti da diversi anni, con il boicottaggio da parte sunnita delle elezioni del 2005 e le proteste nei confronti del governo sciita del premier al-Maliki.
L’incertezza irachena. A questo punto è lecito porsi una domanda: oggi in Iraq si vive meglio che ai tempi di Saddam Hussein? “L’Iraq del dopo-Saddam ha subito drastici cambiamenti sia simbolici, come bandiera, nomi di strade e istituzioni, ma anche a livello concreto con nuove leggi e regole; dopo ogni rivoluzione c’è sempre chi guarda con ottimismo alla nuova situazione, chi con scetticismo e chi ha nostalgia del passato, il famoso detto si stava meglio quando si stava peggio”, spiega Noor Nasser, docente universitaria irachena che ha soggiornato e studiato per lungo tempo anche in Italia. “La vita ai tempi di Saddam era monolitica, aveva tutto in mano il rais, era tutto lui, presidente, primo ministro e leader del partito di governo; Saddam e le sue manie di guerra con i paesi vicini, la sue rappresaglie nei confronti dei curdi e degli sciiti, le sanzioni Onu; questo era l’Iraq di Saddam”.
Il passato “primordiale”. Ora che è stata tolta la censura “tutti parlano, tutti vogliono dire la loro, un fenomeno sano fino a quando non si ricorre alla violenza”. Ai tempi di Saddam non si sapeva praticamente niente di ciò che accadeva nel mondo e persino all’interno dello stesso Iraq; c’erano pochi canali televisivi nazionali rigorosamente controllati dal regime, niente internet, niente telefonia mobile e una rete telefonica malfunzionante. “Saddam si comportava – prosegue Nasser – come un cane affamato nei confronti del popolo, i confini erano sigillati, con conseguente maggior facilità di controllo sulla popolazione. Si viveva sul chi va là, la vita per certi aspetti era più semplice o forse il corretto termine è primordiale”.
I cambiamenti. Ciò che sembra essere migliorato sono alcuni dettagli legati alla qualità della vita, come uno stipendio migliore, il facile accesso a informazioni di vario genere, alcuni servizi. “C’è bisogno di lavoro e il lavoro si crea lì dove ci sono sicurezza e investimenti, ma in Iraq in questo momento mancano entrambe le cose. Sono in molti a fuggire dal paese ma sono tanti anche quelli che ci ritornano a causa della crisi economica globale”.
Le rivalità. Ci sono poi gli scontri tra milizie sciite e sunnite, che “di religioso hanno solo il nome e non sono altro che lo scontato seguito del dopo Saddam e di tutto il sangue versato durante il suo governo”. Ci sono ancora tanti conti in sospeso e chi ne paga il prezzo è il popolo, ovvero sunniti, sciiti e curdi. Vi sono poi influenze esterne in quanto gli sciiti temono l’influenza saudita filo-sunnita e cercano di prevenirla mentre “i sunniti temono l’appoggio dell’Iran alla maggioranza sciita”.
Gli iracheni sono talmente assorti nei propri problemi che persino la guerra in Siria sembra lontana.
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