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Diritto di critica | November 24, 2024

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Ma la sinistra è al canto del cigno

bersanidi Alessandro Conte

L’ANALISI – La strada tracciata dal Partito Democratico, sempre più tendente al centro, non lascia margini di manovra al fianco sinistro della coalizione presidiato da Vendola. Bersani è ben consapevole che la prossima legislatura dovrà approcciare riforme strutturali e istituzionali che necessitano del più largo consenso parlamentare possibile. Sa anche che la maggioranza che si troverà a governare il Paese dovrà mostrarsi forza responsabile nel dialogare con l’opposizione in nome di un riformismo condiviso che traghetti l’Italia verso un rinnovamento di sostanza a ogni livello politico, sociale, economico e istituzionale. La sinistra extra-parlamentare, rappresentata dal movimento di Ingroia che ha coagulato attorno a sé verdi, comunisti, anti-montiani e anti-berlusconiani, si è chiamata fuori dagli schemi di dialogo parlamentare che hanno imbastito progressisti e moderati. La sinistra interna alla coalizione capitanata da Bersani, impersonificata da Vendola, pare invece scontare l’appoggio ad un progetto politico giudicato dal suo elettorato troppo remissivo e fatto di compromessi – dal lavoro alle liberalizzazioni passando per giustizia e politica industriale – e sta di fatto subendo un’emorragia di voti a vantaggio della cosiddetta anti-politica, ovvero Grillo e Ingroia stesso. Così in una riproposizione tra menscevichi e bolscevichi, le sinistre sono destinate ad annullarsi a vicenda. Se è vero che, da qualunque punto di vista si osservi, sia la sinistra “assennata” di Vendola che quella radicale di Ingroia non avranno, forse, un peso tale da influenzare qualunque maggioranza andrà al governo.

Verso una stagione di riforme. La stagione che verrà sarà delicata sotto diversi aspetti. L’Europa chiede, a tutti gli Stati membri, sacrifici e responsabilità nel sostenerli efficacemente. Lo chiedono anche gli Stati Uniti, con Obama che ha bisogno di avere al di là dell’Atlantico un interlocutore solido e affidabile con cui discutere i punti concreti per la crescita e lo sviluppo di entrambi i continenti e, di riflesso, dell’intera economia globale. Sul fronte interno, l’Italia è chiamata a dar seguito alle riforme avviate dall’esecutivo Monti, migliorandole con il consenso, magari, di tutte le parti sociali. Allo stesso tempo, delicata e fondamentale è la futura nomina del Presidente della Repubblica.

Il patto tra progressisti e moderati. Lo scenario politico, italiano e internazionale, suggerisce quindi la necessità di trovare il più largo consenso possibile per portare a compimento misure per la stabilità e la crescita non più rinviabili. Il punto su cui si può discutere è il metodo e l’orientamento: se in Europa avanzeranno lo forze social-democratiche – in Francia Hollande è una certezza, in Germania la Merkel arranca e in Spagna Rajoy zoppica – è lecito pensare che l’asse della manovra si schioderà dal rigore che finora l’ha contraddistinto. In Italia il quadro politico è in lenta evoluzione ma in linea di massima stabilizzato su un possibile patto tra progressisti e moderati. Monti e Bersani, benché si punzecchino di continuo – e non potrebbero fare altrimenti – sanno che è necessario dare stabilità politica al Paese dopo il 25 febbraio. E già a livello locale, il caso Lombardia pare dimostrarlo, con prove di intesa in tal senso.

La sinistra al crepuscolo? Visto da angolature diverse, l’avvicinamento tra Pd e area montiana puzza di “inciucio” finalizzato a far fuori un nemico comune – Berlusconi – o a escludere le schegge impazzite dell’antipolitica e del sindacalismo militante. Eppure nella zona grigia tra Partito Democratico e sinistra antagonista, a tenere il cerino della responsabilità politica che dovrebbe fare da tramite fra comunisti e progressisti è Vendola. Il governatore di Puglia è stretto a doppio nodo a Bersani dal patto d’intenti sottoscritto pochi mesi fa, un’intesa che pare più indebolirlo che rafforzarlo. Il leader di Sel è in preda a un’emorragia di voti che si travasa da un lato verso Grillo e dall’altro proprio nella zona presidiata da Ingroia, Di Pietro e dalla flotta rossa composta da Diliberto, Ferrero e Bonelli. E se le ultime rilevazioni hanno evidenziato una crescita importante ma in termini numerici non decisiva di Rivoluzione Civile, la prospettiva è quella di una legislatura in cui la sinistra rischia di non lasciare la sua impronta sulle riforme e il MoVimento 5 Stelle di ingessarle. Cosa che l’Italia non può più permettersi.

Twitter@aleconte84

Comments

  1. Le politiche, spesso troppo protezionistiche e conservatrici, della sinistra italiana non serviranno ad uscire dalla crisi. La proposta Ichino è il miglior primo passo (ovvio che da sola non basta) per rilanciare l’occupazione.