Dopo le rivoluzioni, ora è il momento delle corruzioni
Scandalo in Tunisia. Il ministro degli Esteri viene messo in serio imbarazzo da una blogger che pubblica il conto del suo pernottamento in un lussuoso hotel di Tunisi, tutto a spese dello Stato. Una vicenda che ricorda quelle nostrane di mala-politica.
Lo Sheratongate. La ventinovenne Olfa Riahi lo scorso 26 dicembre ha infatti pubblicato sul suo blog alcune copie delle ricevute dove era documentato che il ministro, Rafik Abdessalem, aveva passato sette notti non consecutive allo Sheraton hotel. Il ministro sarebbe inoltre stato accompagnato da una donna. Fin qui nessun problema se non fosse per il fatto che il conto sarebbe stato pagato dallo Stato e la donna in questione non risultava essere sua moglie. Le fatture risulterebbero infatti inviate all’ambasciata tunisina di Addis Abeba, in Etiopia.
“La permanenza necessaria”. In seguito alle rivelazioni è scoppiata una bufera; le ricevute non sono state smentite dal ministro e nemmeno dal partito islamista Ennahda che però ha spiegato che la permanenza all’Hilton risulterebbe necessaria per il lavoro di Abdessalem, visto che non dispone di una casa nella capitale e che la donna in questione è una sua parente.
Soldi dalla Cina. Pochi giorni più tardi la Riahi viene invitata a partecipare a una trasmissione televisiva dove dichiara che Rafik Abdessalem avrebbe ricevuto un milione di dollari dal governo cinese, il quale lo avrebbe versato sul conto del suo Ministero invece di passare per la Tesoreria Generale, come richiesto dalla legge. Il Ministero degli Esteri ha replicato affermando che si tratta di un rimborso spese per un forum che si è svolto a Tunisi.
La blogger denunciata, il ministro nei guai. La blogger è stata denunciata, è stata aperta un’inchiesta per verificare la veridicità delle sue dichiarazioni e le è stato vietato di lasciare il paese. Nel frattempo però, mentre la Riahi sporgeva a sua volta denuncia per diffamazione, un gruppo di venticinque avvocati ha fatto causa al ministro, invocando l’applicazione dell’articolo 96 del Codice Penale che prevede 10 anni di carcere per i funzionari governativi che utilizzano soldi dello Stato per scopi personali. Situazione complicata dunque per Rafik Abdessalem, genero di Rashid Gannouchi, storico leader del partito islamista Ennahda; un ministro tra l’altro poco amato da quell’opinione pubblica tunisina che grida al nepotismo e che lo paragona all’odiato genero di Ben Alì.
Il governo perde consensi. Al di là della veridicità o meno della documentazione illustrata dalla blogger, è indubbio che la situazione del governo tunisino si complica sempre di più, con un’altissima perdita di consensi tra la popolazione e con gli alleati di governo dell’Ettakatol e del Congresso per la Repubblica che minacciano di abbandonare la coalizione.
Anche Mursi negli hotel di lusso. Nel frattempo in Egitto spunta la notizia secondo cui il presidente Mursi avrebbe mandato la propria famiglia, assieme ad altri amici, in vacanza all’Hilton di Taba, sul Mar Rosso, dove sarebbero state prenotate 12 suite. Il gruppo sarebbe arrivato nella località balneare con un jet privato partito dal Cairo. Secondo alcune fonti nel gruppo sarebbero stati presenti numerosi parenti di alti membri del partito islamista “Libertà e Giustizia”. Un episodio che non comporta nulla di illegale, ma fortemente criticato da molti egiziani che ci vedono una forte immoralità considerato che la situazione economica del paese peggiora di giorno in giorno e che il tasso di povertà è in forte aumento. La vacanza risulterebbe, tra le altra cose, in concomitanza con la settimana di violenti scontri che hanno causato numerosi morti e feriti e che hanno portato al denudamento e pestaggio di un uomo da parte della polizia e alla morte di Mohamed el-Gendy, dopo tre giorni di torture da parte dei poliziotti.
Le polemiche. “Il paese è povero, la fame aumenta di giorno in giorno. Le risorse finanziarie di Mursi non permettono spese del genere. Da quando la famiglia Mursi viaggia su jet privati?”, ha domandato lo sceneggiatore Waheed Hamed. Numerosi anche i post polemici su Twitter: “Ringrazio tutti quei rispettabili cittadini che hanno pagato per la vacanza di Taba” e ancora “Tutto questo con i soldi dei cittadini”.
Tempi duri dunque per i nuovi governi islamisti che ai tempi di Ben Alì e Mubarak gridavano alla corruzione e al nepotismo e che si trovano oggi nell’occhio del ciclone in un delicato momento di transizione in cui le esigenze della popolazione sembrano non coincidere con il loro operato.