In Egitto spuntano i "black block". Sempre più serie le tensioni nel paese
La polizia egiziana nella giornata di giovedì ha arrestato 18 membri dei cosiddetti “black block”. Le forze di sicurezza hanno ricevuto l’ordine di arrestare chiunque venga trovato con abbigliamento tipico del gruppo, ovvero di nero e con il viso coperto.
Gli antagonisti in salsa araba. Ma chi sono questi “black block”? Apparsi recentemente durante gli scontri tra dimostranti anti-governo e la polizia, sono un gruppo tutt’ora poco noto che si presenta come difensore del popolo che protesta contro Mursi e contro gli islamisti al potere. I suoi membri si vestono di nero e nascondo il viso con delle maschere nere da wrestler.
“Black block” contro i “Fratelli”. Secondo molti egiziani i “black block” sono nati in risposta ai tafferugli del 4 dicembre 2012 quando facinorosi appartenenti ai Fratelli Musulmani hanno attaccato il sit-in degli oppositori di Mursi davanti al palazzo presidenziale, con conseguenti violenti scontri che hanno causato una decina di morti e centinaia di feriti. Il gruppo sarebbe dunque una risposta alla violenza degli islamisti. Secondo il presunto fondatore il gruppo avrebbe già più di 10mila membri in tutto il paese e il numero sarebbe in crescita.
E gli islamisti accusano i cattolici. Mohammad Abu Samra, alleato di Mursi e leader del partito della Jihad islamica ha dichiarato che i “Black Block” devono essere trattati con violenza e devono essere liquidati. Altri islamisti hanno persino accusato i cristiani di essere i mandanti dei “Black Block” e l’obiettivo sarebbe quello di trasformare il paese in uno stato cristiano. Hanno inoltre minacciato la formazione di una Brigata Islamica.
Voci su Israele. Nel frattempo l’agenzia di stampa egiziana MENA ha rilasciato la notizia che uno dei 18 arrestati sarebbe stato sorpreso con alcuni piani israeliani per appiccare incendi in punti nevralgici, banche e siti petroliferi del paese; l’uomo sarebbe stato sorpreso in un palazzo adiacente a Piazza Tahrir. Il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, Ygal Palmor, ha dichiarato che l’accusa nei confronti di Israele è assolutamente insensata. Fonti dell’Egypt Independent affermano che membri dell’accusa avrebbero dichiarato che la mappa sarebbe stata fabbricata in Israele ma non avrebbe fornito alcun elemento utile a chiarire come sarebbero giunti a tale conclusione. Un’imputazione che desta non poche perplessità, anche perché difficilmente un sabotatore serio andrebbe in giro con la lista degli obiettivi, con tanto di “firma” dei mandanti, in una zona come Piazza Tahrir, pesantemente presidiata dalle forze di sicurezza. Con lo scopo di appiccare un incendio?
La crisi del nuovo regime. È ormai evidente che Mursi è pesantemente in crisi, la situazione economica rischia di peggiorare drasticamente anche a causa delle sue decisioni per quanto riguarda la politica economica del paese; il governo sta perdendo credibilità a livello internazionale, è sotto accusa da parte di diverse organizzazioni per i diritti umani a causa di numerose violazioni tra cui le persecuzioni nei confronti della stampa e la restrizione delle libertà associative dei sindacati. Le manifestazioni della scorsa settimana hanno dimostrato che l’opposizione sta crescendo; il governo guidato dalla Fratellanza sta insomma perdendo pezzi e anche legittimità e di questo passo rischia di avere vita molto breve.
È possibile che il governo egiziano stia cercando un nuovo modo per criminalizzare l’opposizione, magari accusandola di essere al soldo dei “sionisti”?
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