Bombardamenti francesi in Mali, adesso il mondo sa che esiste - Diritto di critica
La Francia bombarda postazioni dei miliziani jihadisti in Mali; le incursioni aeree hanno preso di mira la città di Konna e hanno fatto più di cento morti. E’ iniziato così l’intervento francese contro gruppi legati all’Aqim (Al Qaeda in the Islamic Maghreb) che ha l’obiettivo di spezzare l’avanzata dei jihadisti verso la capitale Bamako e di aiutare il governo centrale maliano, pesantemente indebolito dopo il golpe dello scorso marzo, a riprendere il controllo del nord del paese, caduto nelle mani dei ribelli nei mesi scorsi. Secondo alcune fonti sarebbero presenti in territorio maliano anche truppe di terra francesi e diversi aerei militari sarebbero atterrati nella notte.
Torture e stupri di massa. Da quando i jihadisti hanno preso il controllo del nord del Paese, le condizioni di vita sono diventate durissime, con frequenti lapidazioni, mutilazioni ed esecuzioni nelle pubbliche piazze, ma evidentemente bisognava arrivare a un intervento armato francese per portare il Mali all’attenzione della comunità internazionale. Le testimonianze che giungono da quella zona sono a dir poco terrificanti: un mercante di Gao ha raccontato al Guardian come un uomo accusato di aver fumato tabacco sia stato trascinato in piazza e come gli sia stata tagliata una mano, gettata poi in una pentola d’acqua bollente. I miliziani jihadisti sarebbero inoltre responsabili di stupri di massa, sfruttamento di bambini soldato spesso obbligati a commettere gli stessi stupri ed episodi di razzismo nei confronti della popolazione nera; punto interessante in quanto gran parte dei jihadisti sarebbero arabi e non maliani e starebbero cercando di imporre nella zona una loro personale interpretazione dell’Islam che ben poco ha a che vedere con l’Islam moderato che viene praticato nella zona.
Come in Afghanistan: distruggere i monumenti. Non è un caso che la prima cosa che hanno fatto i jihadisti una volta entrati nelle città di Gao e Timbuktu sia stato quello di distruggere monumenti e mausolei sufi, gran parte dei quali patrimonio dell’umanità Unesco, tra cui il mausoleo del noto maestro Sidi Mahmoud Ben Amar, figura molto venerata a Timbuktu, quelli di Sidi Muktar, di Alpha Moya e la statua di El-Farouk, protettore della città, decapitata dai miliziani. Tutto ciò è avvenuto sotto gli sguardi esasperati della popolazione locale costretta ad assistere inerme all’annientamento della propria cultura e delle proprie tradizioni.
Gli islamisti starebbero inoltre dando la caccia ai Tuareg, loro vecchi alleati, distanziatisi successivamente a causa dell’incompatibilità di interessi e di ideologia; i Tuareg infatti difficilmente potevano accettare l’estremismo religioso jihadista, così estraneo alla loro cultura. Un testimone presente a Gossi ha raccontato di aver visto una coppia di Tuareg massacrata a bastonate dagli islamisti, i due sono morti in seguito alle percosse ricevute. Dice bene la scrittrice maliana Mariam Djibrilla Maiga quando afferma:”Qui in Mali siamo abituati a un Islam tollerante e non violento”.
Traffico di droga. C’è poi il discorso legato al traffico di droga; infatti secondo molti osservatori l’Aqim si autofinanzia principalmente attraverso due attività: il traffico di sostanze stupefacenti e i sequestri di persona, entrambe attività molto lucrative che permettono ai jihadisti di comprare armi ed equipaggiamento.
Come può un gruppo che si proclama salafita e jihadista essere coinvolto nel narcotraffico, essendo un’attività vietata dai precetti religiosi? Con molto “pragmatismo”, ovvero con sentenze emesse da sedicenti personaggi religiosi che ben poco hanno a che fare con la religione, sentenze come :”i peccati dei trafficanti ricadono su di essi ma non su chi si impossessa dei loro convogli”……e ancora “Tuttavia, se questi trafficanti, che operano in modo illecito sfruttando il mercato della droga, offrono il loro denaro come elemosina per il jihad, allora è lecito utilizzarlo, in questo caso nel nome di Dio”.
Nota è poi la dichiarazione di un ex capo talebano che affermò come fosse consentito vendere stupefacenti agli occidentali in quanto miscredenti. Un’escalation che ha progressivamente trascinato il popolo maliano, che dopo la rivoluzione di Amadou Toumani Tourè aspirava alla stabilità politica e alla democrazia, nel mezzo di un conflitto interno che ha portato il paese nel caos.