La tentazione iraniana di Mursi
Il Ministro dell’Interno egiziano Ahmed Gamal al-Din è stato rimosso dal proprio incarico in seguito a una sua ferma opposizione all’incontro tra il consigliere di Mursi, Issam Haddad e un alto comandante delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, Qassem Suleimani. L’ex ministro aveva inoltre criticato aspramente il modo in cui la Fratellanza ha gestito le problematiche relative alla sicurezza.
Haddad e Suleimani si sarebbero incontrati per discutere questioni di intelligence e, in particolare, lo sviluppo dei servizi di intelligence egiziani. Secondo quanto dichiarato da Suleimani, alcuni alti membri dei Fratelli Musulmani, durante l’incontro, hanno espresso il forte desiderio di apprendere dall’esperienza di intelligence iraniana. Inoltre, secondo il Times, i Fratelli Musulmani hanno dichiarato che l’incontro è anche un monito agli Usa, che stanno mettendo sotto pressione il governo Mursi; l’America deve capire che l’Egitto può stringere alleanze con chi vuole.
Un potenziale riavvicinamento in chiave islamista tra i due paesi? Difficile crederlo tenendo conto delle profonde divisioni tra le comunità sciite e sunnite in Medio Oriente che hanno portato e portano tutt’ora anche a pesanti scontri in diversi paesi come il Libano, il Bahrein, l’Iraq e lo Yemen. Divisioni solo apparentemente di stampo religioso ma che sono piuttosto legate a interessi politici ed economici. Un atteggiamento schizofrenico che porta il governo Mursi a compiere mosse fortemente contraddittorie; infatti l’esecutivo ha chiesto fondi agli Stati Uniti e ha anche ottenuto dal Fondo Monetario Internazionale un prestito per 4,8 miliardi di dollari; esecutivo che si è oltretutto più volte eretto a paladino della rivoluzione siriana contro il regime di Assad, fornendo all’opposizione supporto politico e finanziario, ma poi cosa fa? Chiama al Cairo le Guardie Rivoluzionarie iraniane per implementare la propria rete di intelligence. L’Iran è l’unico paese del Medio Oriente che appoggia attivamente Assad e furono proprio le Guardie Rivoluzionarie ad essere segnalate in più occasioni sul suolo siriano, in appoggio al regime, come confermato dallo stesso regime iraniano.
Iran che oltretutto non è certo un esempio per quanto riguarda la democrazia e i diritti umani sotto diversi aspetti, tra cui la situazione di alcune minoranze religiose private dei propri diritti, come i Bahai. Sarà un caso che proprio qualche giorno fa il Ministro dell’Educazione di Mursi ha dichiarato che i bambini Bahai non possono iscriversi a scuola perchè la Costituzione non riconosce la fede Bahai in quanto religione “non-abramitica”?
Una politica estera definita da alcuni analisti non-ideologica e “pragmatica”, ma che risulta essere anche molto contraddittoria, con il probabile obiettivo di assicurare al paese delle solide prospettive economiche e un potenziale ruolo chiave in Medio Oriente.
Mursi inizialmente si è recato in Arabia Saudita, paese che ha assicurato all’Egitto un sostanziale appoggio finanziario dall’inizio della rivoluzione, un appoggio scomodo e rischioso in quanto i sauditi sono da sempre promotori di un Islam “wahabita”, vicino al salafismo e avrebbero potuto esercitare influenze non gradite alla Fratellanza. Successivamente Mursi è andatoha stretto in Cina, dove strinse accordi politici e finanziari.
Lo scorso settembre il Ministro del Petrolio iraniano Rostam Qasemi ha dichiarato che l’Iran stava trattando con l’Egitto la vendita di due milioni di barili di petrolio per il valore di 200 milioni di dollari, ma una settimana più tardi il governo Mursi ha smentito che ci fossero mai state tali trattative. Proprio in quel periodo il Ministero del Tesoro statunitense dichiarò che chiunque avesse intrattenuto relazioni economiche con il settore energetico iraniano non avrebbe avuto accesso ai fondi americani; verosimilmente il governo egiziano si sarebbe reso conto che stava mettendo a repentaglio una riduzione del debito di un miliardo di dollari proprio da parte degli Stati Uniti.
Un governo dunque che, oltre a dover affrontare i numerosi problemi interni, una pesantissima crisi economica, una discutibilissima Costituzione, le questioni legate alla sicurezza e all’ordine pubblico, al rispetto dei diritti umani e alla libertà di stampa e di espressione, si trova anche in una posizione estremamente ambigua per quanto riguarda la politica estera, dando così un’immagine molto poco credibile di sé e del proprio operato.