Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Diritto di critica | November 23, 2024

Scroll to top

Top

Il Pd sopra il 35%, l'effetto Monti ancora non c'è stato

Bersani può star tranquillo. L’effetto Monti non c’è stato. O per lo meno per il centro-sinistra è stato finora piuttosto limitato. Nessuna fuga in massa verso il cartello di centro che sostiene il presidente del Consiglio uscente. Il Pd, recentemente impegnato con le primarie per i parlamentari, tiene (con una lievissima flessione) il consenso ottenuto con le primarie per il leader di fine novembre. Si consolida l’area centrista, cresce la sinistra radicale e il Pdl. Crolla il M5S di Beppe Grillo.

Bersani: vittoria assicurata, o quasi. I democratici guidati da Pierluigi Bersani possono dormire sonni sereni. Nonostante il timore di veder perdere voti al centro a causa della “salita” in politica di Mario Monti, per ora continuano a viaggiare sopra quota 35% (dati Tecnè per Sky). Nonostante Monti raccolga in torno a sé il 23,3% delle preferenze come leader, la somma dei partiti che appoggeranno la sua “candidatura” a Palazzo Chigi sfiorano appena il 12%. La situazione, per ora, sembra fossilizzata lungo l’invisibile linea che divide la sinistra dal centro. Se è vero che qualche elettore del Pd guarda con interesse a Monti, la grande fuga per ora non c’è stata, anche se non sono pochi coloro che vorrebbero un bis dell’attuale premier. Nella coalizione di centro-sinistra, il 7,5% degli elettori preferirebbe Monti (secondo i dati forniti dal CISE per il Sole 24 Ore). A mancare di credibilità, quindi, sembrano i partiti che sostengono il professore.

Il “centrino” non aiuta Monti. La “salita” di Monti non ha dato alcun vantaggio alle liste di centro. L’Udc di Pierferdinando Casini è stabile al 4,6% (dati Tecnè per Sky), il Fli di Gianfranco Fini all’1,2%, mentre la nascente Lista Monti si ferma al 6% (con Montezemolo). Corrado Passera, che ha rinunciato a candidarsi in polemica con chi, come l’Udc, non ha voluto una lista unica pro-Monti, probabilmente aveva ragione.

Il piccolo recupero di Berlusconi. A destra, la massiccia presenza di Berlusconi su tutte le tv nazionali non sembra dare i frutti sperati. Il trito discorso sui comunisti e le vane promesse di abbassare le tasse non stanno spingendo il Pdl che, seppur in crescita dopo l’annuncio dell’ennesima discesa in campo del Cavaliere, stenta a recuperare quell’enorme bacino elettorale che gli aveva dato la vittoria nel 2008 (37,4%). Per ora si attesta ancora sotto quota 20 al 19,5%, nonostante il sorpasso sul M5S. La Lega, invece, perde qualcosa, forse proprio a causa del ritorno sulla scena del Cavaliere e la possibile alleanza Lega-Pdl che ha deluso l’elettorato del Carroccio. Per ora il partito guidato da Roberto Maroni si attesta al 3,9%. Va poi considerata la nuova lista Fratelli d’Italia guidata da Guido Crosetto e Giorgia Meloni con l’appoggio di Ignazio La Russa che però sembra rivelarsi, al momento, come un flop, raccogliendo appena il 2% (rischiando quindi di non superare lo sbarramento).

Ingroia fagocita tutti. Stravolgimenti nella sinistra radicale. La neonata lista Ingroia (“Rivoluzione Civile”) raccoglie il 3,8%, fagocitando quello che resta dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro e assorbendo di fatto il Movimento Arancione di Luigi De Magistris. Perde voti Nichi Vendola che, con la sua Sel, si ritrova al 4,1%, dopo aver toccato quota 6% durante le primarie.

Grillo in caduta libera. Il MoVimento di Beppe Grillo sembra il partito più esposto alla polarizzazione del confronto elettorale. Dopo aver sfiorato quota 20% negli ultimi mesi, la discesa in campo di Berlusconi e Ingroia, le polemiche interne sulla democraticità del M5S e qualche uscita fuori luogo dell’ex comico, oltre al flop delle “parlamentarie”, hanno portato ad un calo vistoso delle preferenze in meno di un mese. Secondo Tecnè, oggi il MoVimento si attesterebbe al 16%, mentre secondo l’Istituto Piepoli sarebbe addirittura crollato all11%.