Gli ondivaghi del Pdl, ecco i ripensamenti su Monti e Berlusconi
Ondivaghi. Come il loro capo. Così gli esponenti del Pdl in queste ultime settimane si sono lasciati andare a dichiarazioni contraddittorie. Un giorno con Berlusconi, un giorno con Alfano e poi anche con Monti. Insomma, come il vento tira. D’altronde lo stesso Berlusconi ha dato sfoggio di coerenza: “Mi candido, anzi no. Ma forse sì. Mi candido. No, non mi candido, se Monti si candida”. E allora se lo fa lui, perché non lo possono fare anche gli altri?
I valzer del Cavaliere. Berlusconi aveva chiesto ad Alfano di far cadere Monti perché stava “rovinando l’Italia”. Eppure ad ottobre aveva annunciato la sua non ricandidatura spiegando che “nonostante alcuni errori, il governo Monti ha fatto bene, attuando parte del nostro programma”. Ma dopo la mancata fiducia, con un occhio ai sondaggi non lusinghieri, il Cavaliere ci ha ripensato: “Stimo molto Mario e lo voglio capo dei moderati”. Inoltre, dopo aver accelerato questo finale di legislatura, con la mancata fiducia del Pdl, ci ha ripensato. Perché tutta questa fretta di andare a votare? “Devo recuperare le 123 ore che la sinistra ha avuto in tv in questi ultimi mesi grazie alle primarie”. Ma non sono mancate dichiarazioni contrastanti anche sull’organizzazione delle liste: “Il 90% dei parlamentari eletti sarà completamente nuovo”, aveva così dato un segnale di rinnovamento. Ma dopo aver sollevato un polverone, il giorno dopo ci ripensa: “I parlamentari alla prima esperienza saranno il 50%”.
Anti-montiani, anzi no: montiani. Nel Pdl c’è chi ha cambiato idea su Monti. Lecito farlo, più strano che venga fatto dopo che il capo ha dichiarato di voler candidare l’attuale premier. “Sostenere il governo Monti è stata una cosa non solo sbagliata ma anche assolutamente negativa per il Pdl e per l’Italia”, aveva dichiarato Renato Brunetta solo qualche mese fa durante la trasmissione Servizio Pubblico su La7. Ora ha dichiarato: “Monti è ok, sarà il federatore dei moderati, la sua agenda è anche la nostra”. Davvero? Poi c’è Cicchitto che prima gioca al “politico responsabile”, poi attacca il premier. Il 28 ottobre aveva detto: “Va evitata una crisi di governo che porterebbe ad una esplosione dello spread”. Anche meno di un mese fa, il 26 novembre, prima della discesa in campo del Cav, aveva dichiarato: “A pochi mesi dalle elezioni, provocando la crisi dell’esecutivo, rischieremo un effetto boomerang. I mercati continuano a guardarci”. Ma solo 10 giorni dopo cambia idea: “In democrazia si è liberi di dare il consenso e anche di toglierlo. Il bilancio del governo Monti è negativo: troppo rigore e zero crescita”. E pensare che con Berlusconi non c’era né il rigore né la crescita.
Le amazzoni in confusione. “Quello di Berlusconi e ancora una volta un gesto generoso e carico di futuro. Ci insegna la virtù della rinuncia e offre ad Alfano l’occasione per costruire con le primarie e con un bagno di democrazia il nostro rinnovamento”. Con queste parole Maria Stella Gelmini ha salutato il video di Berlusconi del 24 ottobre in cui annunciava un suo passo indietro. Ma poi sarà tra le prime a commentare l’annuncio dell’ex premier di voler tornare in campo: “Grande presidente! Scenda in campo adesso, rimbocchiamoci le maniche basta tentennamenti. Ancora una volta per l’Italia”. Grande confusione. Ma l’ex ministro dell’Istruzione è il bella compagnia. L’altra ex ministro dell’ultimo governo del Cav, Mara Carfagna, elogiava non molto tempo fa le primarie. “Saranno un importante momento di democrazia che potranno avvicinare il Pdl agli elettori e consolidare la leadership di Alfano”, ha dichiarato il 12 novembre. Dopo quattro giorni conferma le sue idee e aggiunge: “Le primarie sono un percorso ormai irrevocabile e il candidato del Pdl sarà Alfano”. Ma poi cambia presto idea. “Con Silvio Berlusconi che decide di proporsi nuovamente come il candidato premier, il nostro lavoro sarà certamente più facile”. Era il 6 dicembre. Bandiere al vento.