Taglio delle province addio. Festeggiano i ras locali, grazie al Cav
E la Casta festeggia. Il ritorno in campo di Berlusconi e le dimissioni annunciate di Monti fanno sorridere tutti quegli amministratori locali che finora hanno vissuto di politica scaldando le sedie di enti inutili (o quasi) come le province. Il decreto “Taglia Province”, infatti, quasi sicuramente non riuscirà mai ad arrivare al voto finale in Parlamento.
Tante, troppe province. In Italia le province costano 12 miliardi ogni anno. Sono 109 e molte sono proliferate negli ultimi decenni. Dal 1945 al 1992 le province sono rimaste sostanzialmente le stesse (da 91 a 95). Ma dal 1992 ne sono state create ben otto: così è nata la provincia piemontese di Verbano-Cusio-Ossola, quelle di Biella e Lodi, quella di Prato e quella di Vibo Valentia. Nel 2001 la regione Sardegna ne istituisce ben quattro, mentre nel 2004 il Parlamento ne istituisce altre tre, tra le quali la mitologica provincia pugliese con tre sedi, la BAT. Ben 15 enti in più nel giro di 20 anni. Ma a che pro?
Il Pdl non vuole tagliarle. Solo se si iniziassero a tagliare i vari sprechi sarebbe possibile risparmiare 200 milioni di euro. Con una seria riorganizzazione come quella che il governo Monti stava portando avanti, si sarebbero potuti risparmiare fino a 4 miliardi di euro a regime. Ma questo non sarà possibile a causa del ritiro della fiducia da parte del Pdl e per la pregiudiziale di incostituzionalità sollevato dal partito guidato da Alfano e Berlusconi proprio sul riordino proposto da Monti che avrebbe ridotto il numero di province (e delle nuove città metropolitane) nelle regioni a statuto ordinario a 51. A queste si aggiungerebbero altre 16 delle regioni a statuto speciale. Una riduzione sostanziosa del numero per enti che, dopo l’entrata in funzione delle regioni nel 1970, hanno perso poteri e spesso anche utilità pratica, mantenendo poteri reali solo sull’edilizia scolastica, sui trasporti e su alcune strade.
Eppure Berlusconi aveva promesso di eliminarle. Insomma, il Pdl sembra aver fatto un grosso regalo a tutti i piccoli o grandi ras locali che questa riforma prospettata da Monti non poteva andare giù. Eppure il taglio delle province era previsto nel programma di governo di Silvio Berlusconi del 2008, con il quale ha vinto le elezioni. “Non parlo delle Province, perché bisogna eliminarle”, spiegava in campagna elettorale il Cavaliere. “Le province sono enti inutili, vanno eliminate”, spiegava l’ex ministro Renato Brunetta, mentre il berlusconiano di ferro Fabrizio Cicchitto ammoniva la Casta: “L’appello sull’abolizione delle Province va preso in seria considerazione. C’è un gran bisogno di qualche altro taglio di spesa”.
Dall’olio di ricino al taglio del riscaldamento scolastico. D’altronde come non ascoltare la “voce del popolo” rappresentata dai vari presidenti di provincia che hanno bevuto olio di ricino, si sono seduti sul gabinetto durante una conferenza stampa, si sono strappati le vesti e hanno anche minacciato: “Togliamo il riscaldamento alle scuole”. Loro sono salvi, anche grazie ad una propaganda campanilistica ai limiti dell’assurdo e del folkloristico: “Mai i sanniti con gli irpini”, “No ai viterbesi con i sabini”, “Mai i pratesi con i fiorentini”. Salvate le identità (e soprattutto le poltrone), altro che risparmio.