Berlusconi, il ritorno
IL GRAFFIO – Saranno i Maya. O più probabilmente un Pdl talmente impantanato nei vecchi nomi arcinoti. Fatto sta che Berlusconi annuncia di voler – stavolta davvero – scendere in campo per l’ennesima volta. E a sentire la rassegna stampa mattutina, pare di risentire quanto accadde nel 1994. L’Italia è allo sfascio. Manca un carisma politico forte. Insomma: o Silvio o nulla. Stavolta pare faccia sul serio. Almeno per ora.
Viene da chiedersi però cosa abbia letto Berlusconi nei sondaggi per spingerlo a una mossa così ardita. Da quando ha annunciato la sua ricandidatura, infatti, i sondaggi non sono migliorati. E il tira e molla successivo non ha certo aiutato. Anzi. Eppure – ostinato e caparbio – il Cav. ci riprova, nella consapevolezza che sia lui l’unico nome spendibile, l’unico in grado di trascinare il resto del partito che – assicura – sarà rinnovato da cima a fondo, con facce nuove e volti giovani. Tutto duepuntozero. Come se la politica e il saper governare la “cosa pubblica” passassero attraverso la garanzia di un presunto giovanilismo.
Ma Berlusconi – e i sondaggi in questo non lasciano spazio a dubbi – una cosa pare averla ben chiara: la classe dirigente attuale del Pdl ha ormai stancato. E lo stesso Angelino Alfano pare lottare per primarie che avranno vita breve. Unico volto interessante, Giorgia Meloni. Il resto puzza di brontosaurismo pidiellino. Comprensibile, dunque, che il Cav. non veda molte alternative. A se stesso. Già perché nonostante tutto, il cappellaio magico resta lui, con il suo carisma e la sua capacità di rovesciare il tavolo al momento giusto. Anche se adesso avrebbe davvero poche alternative.
Al di là delle ridiscese in campo, però, Berlusconi deve prendere atto di un unico grande e fatale fallimento: il suo essere leader non ha saputo provvedere in tempo alla successione. Il Cav. non ha messo il partito in grado di sostituirlo e la “promozione” di Alfano è stata solo una scenetta utile a giornali ed agenzie. Berlusconi ha consacrato il suo delfino, salvo poi affossarlo ad ogni occasione. Curiosa anche la retorica con cui il “padre” del Pdl si rivolge all’attuale segretario: lo chiama “figlio” e parla di amore paterno.
Sulle macerie del Pdl, dunque, a Berlusconi non resta altro che ripresentarsi – magari con una rosa di liste per raggranellare più voti possibili – ma con lui al vertice. Diversamente sarebbe impossibile. Questione di vuoto pneumatico.